Ebrei e cristiani, la sfida del dialogo
Due papi, un comune impegno per l’incontro con il mondo ebraico che avrebbe lasciato il segno. All’indomani della santificazione di Karol Wojtyla e Angelo Giuseppe Roncalli, un convegno internazionale organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio esplora le dinamiche di “ebrei e cristiani in dialogo” partendo dalla figura di Giovanni XXIII per arrivare ai giorni nostri. Nel mezzo un Concilio Vaticano che avrebbe aperto strade e prospettive sconosciute; la dichiarazione Nostra Aetate; la prima storica visita in sinagoga di un papa, i viaggi in Israele e ad Auschwitz.
Introdotti da Marco Impagliazzo della Comunità di Sant’Egidio, sono intervenuti lo storico Andrea Riccardi, il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni e il direttore internazionale per i rapporti interreligiosi dell’American Jewish Committee David Rosen.
A Riccardi il compito di approfondire la gioventù di Wojtyla, cresciuto in una Polonia in cui straordinariamente significativa e vitale era la presenza ebraica. Non a caso lo storico ha parlato di “rapporto carnale” per definire le relazioni e le amicizie stabilite dal futuro pontefice con gli ebrei della sua città natale, Wadowice, e successivamente con quelli di Cracovia dove sarebbe stato testimone dell’annientamento perpetrato dai nazisti. “Wojtyla – ha spiegato Riccardi – ha sempre portato con sé l’orrore immane della Shoah e al tempo stesso l’insegnamento di una coabitazione proficua tra ebrei e cristiani che lui seppe alimentare dalla prima infanzia”.
Nell’intervento del rabbino Di Segni il riferimento ad alcune tematiche già sollevate nell’intervista rilasciata a Gian Guido Vecchi sul Corriere della sera. In particolare sul ruolo che entrambi i papi hanno avuto nel dare impulso alla stagione di nuova attenzione e sensibilità verso il mondo ebraico che avrebbe attraversato le gerarchie cattoliche a partire dall’immediato dopoguerra per trovare un imprescindibile pilastro nelle emanazioni conciliari. “Per capire a quale basso livello si fosse arrivati – ha commentato rav Di Segni – basta pensare all’interpretazione che è stata data della famosa benedizione impartita da Roncalli all’uscita del Tempio Maggiore. Ancora oggi si usa infatti il termine rivoluzionario”. Il rav ha poi invitato a far luce sulla sorte di molti bambini ebrei battezzati durante la guerra e mai restituiti alle proprie famiglie (tra l’altro elogiando Wojtyla e Roncalli che si adoperarono nel senso contrario) e lanciato l’allarme sul rischio di un’interpretazione cristiana della Shoah che farebbe fatica ad essere accantonata.
Quanto questa prospettiva faccia discutere il rabbinato è apparso chiaramente negli scorsi giorni con Rav Di Segni e Rosen protagonisti di una vivace contrapposizione sul settimanale in lingua inglese Pagine Ebraiche International Edition. “Le nostre posizioni sul dialogo teologico tra ebrei e cristiani divergono. Ma non per questo non possiamo definirci buoni amici”, ha sottolineato Rosen. Al cuore del suo intervento le visite di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI in Israele. Appuntamenti fondamentali, ha spiegato, “per svecchiare l’idea che in alcuni ambienti ebraici si aveva dei papi e del mondo cattolico”. Nel solco di quegli eventi sarebbe così maturato un nuovo modo di rapportarsi l’un l’altro con possibilità in parte colte e in parte ancora da esplorare. “Oggi – ha affermato Rosen – per un ebreo non è possibile definire se stesso senza Israele e quindi non stupisce che per lungo tempo il mancato riconoscimento dello Stato ebraico sia stato visto come un affronto alla propria identità. Fino al momento in cui le visite dei papi hanno cambiato il corso a questa storia”.
Sul Jerusalem Post Lisa Billig racconta intanto la significativa partecipazione ebraica alla cerimonia svoltasi ieri in piazza San Pietro. A comporre la delegazione 18 esponenti del mondo diplomatico e rabbinico guidati dall’ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede Zion Evrony. Ad essere rappresentata anche la Comunità ebraica romana nelle figure del suo vicepresidente Giacomo Moscati e del rabbino Pino Arbib. “Sono rimasto colpito dall’entusiasmo di così tanti fedeli di generazioni diverse, accampatisi la notte per assistere alla cerimonia. In questi tempi è commovente essere testimoni di una fede così grande”, il commento del direttore generale del Gran Rabbinato d’Israele Oded Wiener.
I lavori del convegno riprenderanno alle 16 sotto il coordinamento del vescovo Ambrogio Spreafico. Insieme a Wiener interverranno il presidente della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo Kurt Koch, lo storico e giornalista Marco Roncalli, il rabbino conservative Abraham Skorka.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(28 aprile 2014)