Tea for two – TLV, ya habibi, TLV

silveraOgni volta la stessa storia; arrivo a Tel Aviv e inizio a borbottare: “E questo non mi piace e quello non funziona e questa roba poi?”. Sembro una antiquata mamma che va a trovare il figlio e inizia a lamentarsi della polvere sopra l’armadio, dei calzini sporchi appallottolati, dell’ennesima relazione finita male. Con la stessa ovvietà e puntualità, arriva la fase successiva. Quella nella quale, dopo un necessario cambio di frequenze, comincio a sintonizzarmi sulle good vibes tel-aviviane. Può sembrare un po’ anni ’70 ma, ammesso che le vibrazioni esistano, in questo momento si trovano tutte a Tel Aviv. Lentamente abbandono le vesti da maestrina bacchettona e inizio a calarmi in questa passeggiata di individui liberi, smisuratamente liberi. Mi figuro in un caffè con un vestito fluttuante mentre gesticolo, scopro librerie di King David piene zeppe di libri usati in tedesco e comincio a immaginare i loro vecchi proprietari, pionieri della vecchia-nuova terra nostra. Quando arrivo al punto di trovarmi ai piedi un paio di scarpe con degli inserti argentati, capisco che le good vibes ora stanno ridendo a crepapelle di me e della mia ritrosia mentre azzannano una bourekas. Poi salgo sull’aereo, giusto in tempo per tornare in me e ritornare dai miei doveri. Tanto ci penseranno le mie folli scarpe argentate a ricordarmi Tel Aviv.

Rachel Silvera, studentessa

(28 aprile 2014)