Viktor Frankl, il significato della vita
Il 28 aprile celebriamo in Israele la Giornata della Shoah e della Gvurah – L’Olocausto e l’Eroismo. Ricorderemo soprattutto che il popolo ebraico esiste, continua a rinascere giorno dopo giorno e a ricostruirsi nonostante le vicissitudini. Nei licei israeliani il programma ministeriale di storia dei sedicenni è dedicato alla Shoah. Quest’anno è stato dedicato a Victor Frankl (Vienna, 26 marzo 1905 – Vienna, 2 settembre 1997) neurologo, psichiatra e filosofo austriaco, fondatore della logoterapia, metodo che tende a evidenziare il nucleo profondamente umano e spirituale dell’individuo. Nel suo libro “Homo patiens. Soffrire con dignità” scrive “ Che cos’è, dunque, l’uomo? Noi l’abbiamo conosciuto come forse nessun’altra generazione precedente; l’abbiamo conosciuto nel campo di concentramento, in un luogo dove veniva perduto tutto ciò che si possedeva: denaro, potere, fama, felicità; un luogo dove restava non ciò che l’uomo può “avere”, ma ciò che l’uomo deve essere; un luogo dove restava unicamente l’uomo nella sua essenza, consumato dal dolore e purificato dalla sofferenza.” Frankl era convinto che ci fosse un “solo potere: quello di salvare; e un solo onore: quello di aiutare”. La sua esperienza nei lager è terribile: viene colpito dal tifo petecchiale che lo riduce in fin di vita. Là nasce la sua intuizione ritenuta più significativa: l’importanza della ricerca di senso nella propria vita. I prigionieri che avevano più possibilità di sopravvivere erano quelli che si orientavano verso il futuro, verso un senso che avrebbe trovato realizzazione nel futuro. Suo padre muore tra le sue braccia e di sua madre e di sua moglie non sentirà mai più nulla. Avviene dunque quella che egli stesso definisce una “svolta copernicana”, prendere consapevolezza di come la motivazione principale dell’uomo non sia il principio del piacere (Freud), né la volontà di potenza (Adler), bensì la volontà di significato, il desiderio di trovare un senso, uno scopo per la propria vita. Vivere significa prendersi la responsabilità di rispondere esattamente ai problemi che l’uomo si trova di fronte. Citando l’aforisma di Nietzsche: “Chi ha un perché per vivere, sopporta quasi ogni come”, Frankl realizza che ciò che induce l’internato a scegliere di lasciarsi morire o a decidere di non darsi per vinto è la sua capacità di scorgere ancora uno scopo che dia valore alla sua esistenza. Dalla tragedia più terribile del mondo nasce un esempio di vita, un modello da emulare, un inno a una Umanità migliore!
Edna Angelica Calo Livne
(28 aprile 2014)