Yom HaShoah – L’Italia ebraica ricorda

Sono le nove di mattina spaccate, le dieci in Israele, quando le sirene risuonano al Portico d’Ottavia. Centoventi secondi esatti in cui tutto si ferma: i passanti interrompono le proprie attività, i movimenti cessano, tutti in piedi stretti in raccoglimento. A Roma come a Gerusalemme, Haifa e Tel Aviv nell’accogliere, con la massima solennità, il Giorno del ricordo delle vittime della Shoah e della rivolta del Ghetto di Varsavia istituito dallo Stato di Israele nel 1953 con firma del primo ministro David Ben Gurion. Davanti all’ingresso della scuola, cuore pulsante del quartiere, si incontrano tra gli altri il presidente della Comunità ebraica Riccardo Pacifici e il rabbino capo Riccardo Di Segni. Numerosi inoltre gli ebrei romani ritrovatisi nelle scorse ore al Tempio Maggiore per una cerimonia commemorativa che ha attraversato l’intera Italia ebraica con preghiere e cerimonie nelle diverse sinagoghe.
Un momento per ricordare, ma anche un’occasione per riflettere e capire quale risposta è necessario elaborare, con intelligenza, nei confronti del riemergere di fenomeni di intolleranza e odio. Così il rabbino capo di Milano Alfonso Arbib ha descritto questa data nel corso della cerimonia organizzata al Tempio centrale da Associazione Figli della Shoah, Fondazione Centro di Documentazione ebraica contemporanea, Comunità, Fondazione Memoriale e Rabbinato centrale. A leggere i nomi dei deportati milanesi 18enni iscritti a tutte le scuole ebraiche e non, che hanno partecipato alla cerimonia insieme a tanti ragazzi dei movimenti giovanili Hashomer Hatzair e Bene Akiva. In sala il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Roberto Jarach, il presidente della kehillah milanese Walker Meghangi e il vicepresidente Daniele Cohen, che ha portato il saluto della Comunità. A ricordare Yom HaShoah anche une cerimonia organizzata alla scuola ebraica.
A Venezia invece prima il kaddish, poi un minuto di silenzio davanti ai lumi posti sul memoriale della Shoah in campo di Ghetto Nuovo. Sei fiammelle in ricordo di altrettanti milioni di ebrei sterminati nei campi di concentramento. Più di duecento persone tra uomini, donne, vecchi e bambini che a Venezia non poterono nulla davanti alla scelleratezza di quel regime che voleva cancellare il loro nome dalla storia. Proprio per onorare la memoria di tutti coloro che hanno subito le deportazioni nazifasciste e che hanno trovato la loro fine nei campi di sterminio, rav Avraham Dayan ha tenuto un Limmud in centro sociale sul significato della santificazione del nome durante la Shoah.