…matzot

Registro con piacere i contributi di un esponente Chabad-Lubavitch in Italia. Apre il dialogo proprio in riferimento alla mia recente nota sull’inserimento di un libriccino Chabad nelle matzoth di Pesach destinate al mercato italiano. In particolare, lamenta che non sia stato evidenziato l’editore del libriccino. Io in effetti avevo concentrato la mia lamentela su un altro punto – la manomissione dei pacchi delle matzoth (questione halakhica) e l’inserimento di una pubblicazione che inneggia al Messia vivo con foto di rav Schneerson in bella mostra – ed era su questo che mi sarebbe piaciuto dialogare, non sulla reclame al libriccino. Credo che, questione halakhica a parte, il sentimento dell’ebraismo italiano, che mangia matzoth, ma che non crede nei santi fotografati né nel Messia incarnato in terra, abbia diritto al rispetto. E poi, come avrebbe reagito chi ha manomesso le matzoth se ad aprire le scatole fossero stati altri – ebrei assimilati, riformati o sionisti – magari per infilarci dentro l’Hatikvàh o una pubblicazione su chi ha diritto al ghiur? Non si tratta dunque di correggere il libriccino, o di tradurne in italiano certe parti o di chiedere in futuro autorizzazione alle comunità. Si tratta invece, in primo luogo, di rispettare la sensibilità halakhica altrui e, in secondo luogo, di riconoscere che certe pubblicazioni rappresentano una certa cultura, che può essere o non essere condivisa da chi fa parte di altre ‘edoth. Questo significa ‘rispettare il prossimo’. E poiché molti di noi fanno parte della comunità ebraica italiana, che, per quanto assimilata e annacquata, ha tradizioni e cultura sue proprie, è diritto di una comunità di ebrei non gradire di ricevere materiale che afferma la presenza viva e fotografata del Messia nella figura di un Santo rebbe. Tutto ciò (e lo preciso per evitarmi inutili polemiche con gli usuali amici simpatizzanti) non disconosce che c’è chi apprezza l’attività Chabad-Lubavitch in Italia. Ciascuno di noi tuttavia, in ciascuna comunità, ha e ha avuto con loro esperienze anche assai diverse. Quindi, libertà a ciascuno di fare le proprie scelte. E dacché facciamo parte di comunità che dispongono ciascuna del suo rabbino, ci si aspetta che sia lui a fornire tutte le informazioni necessarie alla buona qualità della vita ebraica. Rimane poi da considerare il rapporto fra entità diverse, che va regolamentato con garanzia di correttezza e di assoluto rispetto reciproco. Si ammetterà che in diversi campi di applicazione dell’halakhah non esiste un perfetto rapporto di reciprocità fra la realtà Lubavitch e quella italiana. E poiché un rapporto a senso unico è sempre nel segno della condiscendenza, spero di essere almeno libero di affermare che, personalmente, prediligo un altro genere di rapporti. E mi dichiaro pronto a cambiare idea al mutare del rapporto.

Dario Calimani, anglista

(29 aprile 2014)