Ebrei, Memoria e Resistenza
Di grande interesse l’intervento di Furio Colombo sul Fatto Quotidiano, che oggi riprende l’articolo del rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni pubblicato su Pagine Ebraiche 24 per riflettere sul rapporto tra l’anniversario della Liberazione e il Giorno della Memoria.
“Vorrei proporre un’impressione e una domanda conseguente. Ho l’impressione che l’attenzione, l’impegno istituzionale e dei media intorno al 25 aprile e alla Resistenza siano progressivamente calati, mentre sono cresciuti quelli intorno al Giorno della Memoria del 27 gennaio. Sono entrambi eventi che ci interessano e ci coinvolgono. Ma che sta succedendo nella società intorno a noi? L’ebreo va ricordato solo come vittima, e la Liberazione dai persecutori (con il nostro contributo) va dimenticata o marginalizzata? In nome di che cosa?”.
Riccardo Di Segni, Rabbino Capo di Roma
(Pagine Ebraiche, 26 aprile 2014)
Ho tratto l’affermazione del Rabbino Di Segni da “Pagine Ebraiche”. E ho premesso l’indicazione per Furio Colombo; per non variare l’impaginazione abituale di questa rubrica, ma anche perché una simile frase mi riguarda per forza, come autore e primo firmatario della legge che istituisce in Italia il “Giorno della Memoria’: Prima però devo ambientare la riflessione del Rabbino di Roma. La data è il 26 aprile, subito dopo la incomprensibile e assurda contestazione iniziata dai portatori di bandiere palestinesi contro coloro che stavano sfilando per celebrare la Resistenza con le bandiere della Brigata Ebraica. La Brigata Ebraica c’era, nella Resistenza italiana, volontari ebrei che sono morti per la liberazione del nostro Paese. Strano (e ingiusto) che in nessuna località italiana, fra quelle in cui la Brigata Ebraica ha combattuto (soprattutto in Emilia-Romagna), non ci sia una strada o una piazza dedicata a quegli antifascisti ebrei che si sono arruolati da varie parti del mondo (e dalla terra che sarebbe diventata Israele) per combattere, insieme a molti italiani, contro il fascismo. Assurdo che i portatori di bandiere palestinesi abbiano fatto una confusione così grave con la Storia. La loro interpretazione politica di ciò che accade oggi non può negare o cancellare la Storia, la Resistenza, e la Liberazione italiana. Ma l’interpretazione del rabbino Di Segni richiede, io credo, la riflessione che segue. È vero che le celebrazioni del 25 aprile sono diventate gradatamente (ma non dovunque) più prefettizie e meno festa di popolo. Ma ciò si deve a due fenomeni contrapposti però simmetrici. Sotto l’egemonia mediatica berlusconiana, la destra ha scelto di disprezzare il 25 aprile, i governi Berlusconi non lo hanno mai celebrato. Da sinistra si è scelto di parlare quasi sempre, quasi solo di “nazisti” e non di fascisti, di isolare l’Anpi (come la Cgil) casomai sembrasse tutto troppo di sinistra, e hanno raccomandato di non cantare Bella Ciao: In altre parole, le due parti del Paese si sono allontanate dalla Storia. Per il Giorno della Memoria, mi permetto di dire, è accaduto il contrario. La legge definisce per la prima volta la Shoah per quello che è, un delitto italiano. Dunque, non un Paese vittima maltrattato dai tedeschi (certo, lo è stato, a opera dei fascisti di Salò), ma un Paese complice fin dalle leggi razziali del 1938, abbandonato poi nelle mani dei repubblichini e dei tedeschi che hanno cercato di sterminare ebrei e antifascisti. ll Giorno della Memoria non è per le vittime, che ricordano bene, ma per coloro che hanno dimenticato o finto di dimenticare, per coloro che, insieme a Vittorio Emanuele di Savoia hanno detto che, in Italia, “le leggi razziali sono state ben poca cosa”. Il Giorno della Memoria “è perché non accada più”. Che cosa? il fascismo, il nazismo, il silenzio. Da destra avrebbero voluto buttare dentro la legge foibe e gulag (tragedie comunque non assimilabili alla Shoah) che sono orrori di altri Paesi, per diluire l’effetto del tremendo delitto italiano, anzi per annegarlo in un indistinguibile “male di tutti”. Il Giorno della Memoria, invece, invoca la Storia. E le testimonianze non sono di chi fa la vittima, ma di chi ha vinto. Ha vinto un popolo perseguitato in tutta Europa, al di là e al di sopra delle tante feste di Liberazione, al di là e al di sopra dello stesso antifascismo. Il Giorno della Memoria è contro il silenzio, anche religioso, tragico e radicato male italiano.
Furio Colombo
(Il Fatto Quotidiano 30 aprile 2014)
(30 aprile 2014)