Ticketless – Il motto preferito
Dopo i piemontesi, questa settimana è la volta dei goriziani a Firenze, o della “turba goriziana”, come il filosofo Carlo Michelstaedter amava definire la cerchia famigliare dei Della Pergola, degli stessi Cassuto che lo accolse studente. Dall’Isonzo all’Arno, questa settimana. Una piccola comunità, quella di Gorizia, s’insedia a Firenze. Parliamo di loro a partire da un gioco di società nel quale la turba fu impegnata per un anno circa. Si chiedeva la collaborazione di ciascuno nel rispondere ad alcune domande con immediatezza. Lo stesso Carlo non si tirò indietro e rispose da par suo. Un paio di anni fa pubblicai la prima edizione dell’album (Aragno editore), in parte bilingue (Umberto Cassuto rispose con un intarsio mirabile di citazioni in ebraico). Vorrei condividere oggi, con i miei lettori fiorentini e goriziani, una piccola-grande scoperta che mi ha costretto a preparare adesso una edizione aggiornata dell’album. Il gioco delle “confessioni” veniva dall’Inghilterra vittoriana. Era approdato a Parigi e di qui aveva iniziato a circolare nei salotti di mezza Europa. Domande semplici che esigevano risposte telegrafiche: Quale virtù emerge in voi? Dote preferita in un uomo. In che fate consistere la felicità.
La scoperta per certi versi sensazionale sta nel fatto che l’album è una tardiva variante toscana del notissimo “questionario Proust”. Lo compilò, in tedesco, anche il giovane Marx. Se prese il nome di “questionario Proust” è perché all’autore della Recherche il gioco piacque a tal punto che dopo averlo compilato una volta all’età di quattordici anni, riformulò le domande con un titolo nuovo: Marcel Proust par lui-même. Il manoscritto fu ritrovato nel 2003 e venduto all’asta per 102 mila euro. La fortuna del questionario arriva fino ai nostri giorni. Il gioco è stato ripreso dal popolare giornalista televisivo francese Bernard Pivot nel suo Apostrophes, dall’edizione americana di Vanity Fair. Dall’album della turba goriziana che sto studiando, traggo con piacere una risposta proveniente dal ramo Della Pergola. Riproduco qui a fianco il frammento di manoscritto. Secondo me è la prova più alta della simbiosi ebraico-fiorentina d’inizio Novecento e non dovrebbe mancare di essere esposto in un Museo ebraico d’Italia. Dovendo dichiarare il proprio motto preferito si pensò giusto dare una doppia risposta, una in ebraico e una in italiano, come se si trattasse di due citazioni interscambiabili: il dantesco “Fatti non foste a vivere come bruti” e Salmi 20, 8, dove bruti risultano essere coloro che si vantano dei carri e dei cavalli.
Alberto Cavaglion
(30 aprile 2014)