Festa per tutti
Ho proprio voglia di un caffè: cammino verso un bar a tre isolati da casa mia augurandomi che sia aperto, e contemporaneamente vergognandomi di augurarmelo, perché è triste che ci sia qualcuno costretto a lavorare il Primo Maggio: se lo troverò aperto, vorrà dire che a servirmi ci sarà qualcuno sfruttato, sottopagato, precario, facilmente straniero. Infatti dopo aver visto (con gioia e vergogna) la porta aperta e la luce accesa, trovo due o tre ragazze probabilmente dell’Europa dell’est. Questo calma un pochino la mia coscienza: chissà, forse queste ragazze sono cresciute tra ricordi famigliari del Primo Maggio come festa imposta dall’alto, con sfilate e simili, e forse per loro poter scegliere di lavorare lo stesso è una forma di libertà. Magra consolazione: sarebbe bello, invece, se ci fosse almeno un giorno di festa all’anno comune a tutta l’umanità. Ma come sarebbe possibile? Lo ammetto, un bar si può anche chiudere e la gente può farsi il caffè a casa propria, ma anche se ci fosse un giorno in cui tutto il mondo si mettesse d’accordo per chiudere tutto il chiudibile ci sarebbe pur sempre bisogno di medici, infermieri, poliziotti, ecc. Come se ne esce? Lo Shabbat, in fin dei conti, funziona benissimo perché gli ebrei nel mondo sono una minoranza, e anche dove sono maggioranza sono comunque ben lontani dalla totalità. Quindi, ben vengano la globalizzazione e le società multietniche. Ma a pensarci bene lo Shabbat funziona anche perché non è un concetto astratto ma si concretizza in simboli, divieti e prescrizioni ben precisi. Facendo attenzione a cosa si può o non si può fare, recitando il Kiddush davanti alla famiglia riunita e alla tavola imbandita tutti sentono l’atmosfera dello Shabbat, anche un rabbino che è pagato per lavorare soprattutto in quel giorno (che per lui potrebbe rivelarsi il più stressante della settimana), anche un medico ebreo costretto a lavorare di Shabbat per salvare una vita umana. Perché – e questo un altro suo grande segreto – lo Shabbat viene comunque e viene per tutti, anche per chi non lo può osservare, anche per coloro a cui viene impedito con la violenza di osservarlo. È difficile fare paragoni con una ricorrenza laica come il Primo Maggio, ma in fin dei conti anche la festa dei lavoratori è di tutti e arriva per tutti, anche per coloro che in quel giorno sono costretti a lavorare; anzi, si potrebbe dire, soprattutto per loro.
Anna Segre, insegnante
(2 maggio 2014)