Il vento fa il suo giro
Nel mese di aprile appena terminato, ho trascorso qualche giorno di vacanza in una località delle Alpi Marittime (esattamente in Alta Val Nervia, in provincia di Imperia). In questi ultimi anni ho tradito nelle mie sporadiche peregrinazioni le più vivaci e frequentate valli delle Alpi Orientali, per passare alle più desolate e ignorate valli delle Alpi Occidentali, a cominciare dalle Vallate Occitane del Piemonte. Luoghi questi, senza tempo che conservano sovente un aspetto selvaggio e incantato, paesi che nel medioevo furono concepiti come roccaforti in relazione a importanti vie di comunicazione e di transito, centri per lunghi periodi prosperi grazie a un’economia locale incentrata sui pascoli o sul legname delle foreste circostanti, e in ogni secolo rifugi per viandanti, asceti, “eretici” e altri perseguitati. Oggi invece, sperdute località vittime di un frequente abbandono da parte delle istituzioni, alle prese con un consistente calo demografico scaturito con le migrazioni e l’urbanesimo del primo novecento, e intensificatosi poi con la massiccia industrializzazione del secondo dopoguerra. Tuttavia non tutti i mali vengono per nuocere se si pensa invece all’eccessiva antropizzazione o allo sviluppo di un turismo non sempre sostenibile di certe località alpine della Lombardia o del Trentino, e la situazione è sicuramente migliore rispetto a molti altri comuni situati lungo tutto il versante appenninico. Ma al di là degli aspetti meramente antropologici e descrittivi di questi luoghi – a questo proposito rimando ad un interessantissimo libro di Paolo Rumiz “La Leggenda dei Monti Naviganti” – trovo interessante nel nostro contesto tracciare una libera analogia con il destino incerto delle piccole-medie comunità ebraiche italiane, anche esse guardano con nostalgia a un passato prosperoso e anche esse sono costrette a fare i conti con la fuga dei giovani verso centri più grandi o con l’allontanamento di alcuni iscritti. Se questo parallelismo fosse corretto si potrebbe sperare che un domani anche le comunità minori possano rifiorire come stanno rinascendo alcuni paesi delle Alpi Occidentali. Difatti qui sono gli “stranieri” (specialmente del Nord Europa o del vicino confine francese) che fuggendo dalla vita frenetica delle loro metropoli, vengono attratti da questi luoghi appena riscoperti, acquistano immobili per la villeggiatura e non di rado per stabilircisi definitivamente, e ci sono poi anche gli “autoctoni” che infine ritornano, ristrutturano la casa dell’infanzia o dei propri nonni o intraprendono nuove attività lavorative. Come il proverbio occitano che ha dato il titolo all’omonimo film di Giorgio Diritti, “l’aura fai son vir” (il vento fa il suo giro) e tutto prima o poi ritorna. Un concetto, quello del ritorno, che nel mondo ebraico non è certo meno significativo.
Francesco Moises Bassano, studente
(2 maggio 2014)