garanzie…

Parlando delle norme e dell’istituzione giuridica dell’anno sabbatico, la Torah, con un eccezionale realismo in merito alle comuni reazioni umane, al divieto di seminare durante l’anno sabbatico aggiunge: “E se diceste: ‘Che cosa mangeremo il settimo anno? Se non seminiamo, non raccoglieremo il nostro prodotto!’, Io ho preordinato la Mia benedizione per voi nel sesto anno, sì che faccia il prodotto per i tre anni”.
In quest’affermazione troviamo alcuni aspetti che ci possono sembrare di non facile comprensione. Innanzitutto è strano che la Torah ponga delle “garanzie” per la riuscita di un suo istituto giuridico, per quanto di difficile applicazione questo possa essere; ad esempio, laddove stabilisce il divieto per chi ne ha la possibilità di astenersi dal prestare denaro ad un bisognoso nel timore che l’anno sabbatico faccia cadere il debito in prescrizione, la Torah non dice “prestate, perché l’eventuale danno lo ricompensa Ha-Qadòsh Barùkh Hu’”. Perché per la semina viene data la garanzia? Ed anche questa è espressa in una forma inusitata: “Ho preordinato la Mia benedizione ….”; che cosa ha qui a che fare la benedizione? E soprattutto, a chi è rivolta? A persone che per un timore economico hanno difficoltà a voler mettere in pratica un precetto divino, cioè a persone di scarsa fede! La stessa domanda: “Che cosa mangeremo nel settimo anno?” è una domanda assurda, perché Chi ci dà la vita ha certamente la possibilità di darci nutrimento.
Il “Sefàth Emèth” nota che in realtà non tutte le generazioni meritano miracoli, e perciò è comprensibile che ci si preoccupi dell’aspetto naturale del problema. In natura, non è affatto detto che ogni sesto anno la terra produca a sufficienza per l’anno medesimo, per il successivo, e per quello dopo ancora, nel quale sicuramente il prodotto è minimo, visto che nel settimo anno non si sono fatti lavori di miglioria del terreno. Per questo motivo, Ha-Qadòsh Barùkh Hu’ vuole tranquillizzarci, promettendo una speciale benedizione per il prodotto del sesto anno, sì da coprirre il fabbisogno fino all’ottavo.
Al tempo stesso, però (dice il “Sefàth Emèth”), dobbiamo sapere che non c’è differenza fra natura e miracolo. La natura stessa altro non è che il più bel miracolo, che si rinnova ogni giorno, come affermiamo nella Tefillà: “ha-mechaddèsh be-tuvò be-khòl yom tamìd ma‘assè Bere’shìth”, “Egli rinnova, con la Sua bontà, ogni giorno e sempre l’opera della Creazione”. Ma se è così, non c’è più bisogno di una benedizione speciale per il sesto anno, perché anche l’aumento del prodotto sarebbe una cosa assolutamente naturale. Dobbiamo quindi concludere che se siamo sicuri che D.o ha modo di darci sostentamento in ogni momento e in ogni situazione, esso giunge in maniera naturale, e solo quando abbiamo dubbi abbiamo bisogno di una speciale benedizione divina.

Elia Richetti, rabbino

(8 maggio 2014)