Al Salone, per il futuro del Libro
Un sorprendente ottimismo, questa la chiave di “Libri controvento”, incontro organizzato da Pagine Ebraiche nel giorno in cui si inaugura il Salone internazionale del libro di Torino. Gian Arturo Ferrari, che in passato è stato numero uno della Mondadori libri e presidente del Cepell, il Centro per il libro e per la lettura, non ha dubbi: “Il libro, come forma culturale, sopravviverà”. Incalzati da Guido Vitale, direttore dei dipartimenti Informazione e Cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e direttore del giornale dell’ebraismo italiano, sia Ferrari che Massimiliano Schiozzi, editore in Trieste, hanno sostenuto come il valore del libro non stia solo nel testo, che è comunque una modalità in grande espansione.
“Era stato pronosticato che la cultura dell’immagine avrebbe totalmente soppiantato la scrittura – ha spiegato Ferrari – invece non si è mai scritto tanto come nel novecento. Non solo testi, ma messaggi, mail, blog… sono tutte forme di scrittura, solo non sappiamo ancora quale forma prenderanno. Anche l’introduzione della stampa ha completamente stravolto il mondo dei lettori: praticamente tutto quello che era stato scritto dagli amanuensi a partire dalla rivoluzione messa in atto da Gutenberg è stato rapidamente portato nei libri a stampa. Ogni nuovo mezzo porta con sé nuove opportunità, ma serve del tempo per capire come utilizzarle”.
Il suo interesse per il mondo dei libri, ha raccontato, è nato durante gli anni del liceo, fatto allo storico Berchet di Milano, quando ne era preside Josef Colombo. “Il preside ebbe una grande influenza sulle mie scelte: mio padre mi avrebbe voluto ingegnere, ma la mia decisione di studiare lettere classiche derivò moltissimo dall’influsso degli insegnanti straordinari che aveva raccolto Colombo intorno a sé”.
Ci sono tre elementi da prendere in considerazione, quando si parla di crisi dell’editoria: la crisi economica profonda, la più grave del dopoguerra, un cambiamento generale delle modalità di espressione culturale, legato anche alla nascita novecentesca del concetto stesso di tempo libero – che però era prima dedicato alla lettura ed è poi stato invece consacrato prevalentemente alla televisione – e il cambiamento della fisicità del libro.
Massimiliano Schiozzi, uno dei soci fondatori di Comunicarte Edizioni, ha raccontato come molti autori gli propongano i propri scritti dicendo “ho scritto un libro”. Quasi come se fosse una medaglia da appuntarsi al petto. Mentre la distinzione fra un testo e un libro è nettissima. L’ultimo volume pubblicato, una raccolta di poesie di Srecko Kosovel, racchiude in sé molti di questi principi: si tratta di un libro piccolo, il cui formato, 111 per 111 millimetri, gioca con le idee del costruttivismo, così come fanno anche le illustrazioni, di Eduard Stepancic, e le traduzioni sono in rima. Un volume particolare, che può esistere solo come libro. In versione digitale sarebbe tutt’altra cosa.
“Ma ovviamente utilizziamo tutte le tecnologie più moderne, non abbiamo una visione luddista. Ma un libro è un’altra cosa.”
Ferrari, raccontando del suo ultimo libro, che si intitola semplicemente Libro, appena pubblicato da Bollati Boringhieri, ha anche analizzato vari esempi di come i cambiamenti e le mutazioni di forma abbiamo portato a trasformazioni che oggi diamo per scontate ma che in passato sono sembrate drammatiche e rivoluzionarie, usando un efficace paragone: “Sappiamo tutti che gli aerei viaggiano più veloci, ma non abbiamo smesso di usare i treni, anzi! Ogni libro è un modo per riordinare l’universo, ogni libro è una conquista, la conquista di qualcosa di compiuto. Non è un testo, è una cosa diversa. Il libro ha significato una conquista, la conquista di qualcosa di compiuto, un libro non è un testo, è una cosa diversa. Tutte le volte che si vogliono dire cose importanti… si fa un libro.”
(8 maggio 2014)