Time out – Fra litigare e governare

daniel funaroSono davvero utili le parole che Guido Osimo utilizza per spiegare oggi la situazione all’Ucei dopo il tradizionale appuntamento del Moked che si è svolto pochi giorni fa. Le dimissioni dei consiglieri romani che fanno riferimento a Riccardo Pacifici e Raffi Sassun dalla giunta Gattegna e dal consiglio dell’Ucei per protesta contro i metodi e le scelte dell’attuale dirigenza dell’Unione delle Comunità Ebraiche sono infatti un fatto importante che non può essere risolto con l’autoassoluzione di chi ritiene che per principio gli assenti hanno sempre torto. Perché a prescindere dal dato numerico della rappresentanza di questi due gruppi che da soli raccolgono più voti di tutti gli iscritti delle piccole comunità messe assieme, ciò che è più rilevante in questo caso è la mediocrità generale della dirigenza comunitaria ebraica italiana che ormai da anni è più nota per la sua conflittualità all’interno che per la sua capacità di immaginare un ebraismo italiano non solo utile alle carriere dei dirigenti comunitari, ma davvero al servizio degli ebrei italiani. E non serve spendere ulteriori soldi in sondaggi commissionati ad amici per comprendere la distanza da quello che, in politica, viene definito il paese reale che percepisce i leader comunitari come troppo impegnati a discutere su stessi piuttosto che a pensare al futuro dell’ebraismo italiano. Di proposte e di esempi se ne potrebbero fare tanti. Il primo riguarda proprio la condizione dei giovani da sempre utilizzati come argomento durante le campagne elettorali e dimenticati durante il periodo in cui si governava. Qualcuno crede che i drammatici dati della disoccupazione giovanile non riguardino i giovani ebrei italiani? Forse, perché altrimenti non ci sarebbe una spiegazione per sapere perché tra le innumerevoli spese previste non ci sia quella per un Job Center che faciliti l’accesso dei giovani ebrei al lavoro in un periodo di forte crisi. Idee e proposte appunto, quello di cui avrebbe bisogno l’ebraismo italiano e non di dirigenti che da anni passano la maggior parte del loro tempo a litigare.

Daniel Funaro

Non c’è bisogno di condividere l’ardua speranza di volgere in positivo le spregiudicate azioni ostruzionistiche che di tanto in tanto scandiscono la litigiosità degli ebrei italiani, per raccogliere il positivo sollecito di Daniel Funaro. I giovani, feriti e scoraggiati di fronte alla crisi dei valori e ora a quella dell’economia e del mercato del lavoro, sono la vera emergenza dell’ebraismo italiano. Nel nostro piccolo, in questa redazione, cerchiamo di praticare impegno, professionalità e riconoscimento del merito, lasciando da un canto la propaganda e il familismo. Ma soprattutto cerchiamo di fare formazione professionale e di costruire capacità e posti di lavoro per i giovani. Qualcosa, fra mille difficoltà si è fatto, molto resta da fare. E per vincere la partita serve anche la ricerca sociologica, l’analisi della realtà e la conoscenza degli orientamenti della pubblica opinione. Certo non stupisce che i risultati di un’indagine rigorosa, là dove dimostrano la nostra inadeguatezza, mettono impietosamente in luce i clamorosi errori che ci impoveriscono e ci rendono più fragili, possano creare imbarazzo. Ma negare la realtà con l’insinuazione e la maldicenza, continuare a guardare l’orizzonte dal buco della serratura non è solo sciocco, corre soprattutto il rischio di costare molto caro ai più giovani.
Ora alcuni cominciano ad aprire gli occhi. Ma intanto un’intera generazione di giovani prende in considerazione di fuggire altrove. O rischia di abbandonarsi alla frustrazione degli sconfitti, di chi ha perso inesorabilmente, per la paura di guardare la realtà in faccia, il treno del futuro.

gv

(8 maggio 2014)