Gli antisemiti del 25 aprile

Francesco Moisés BassanoLe ormai annuali contestazioni del 25 Aprile verso i simboli della Jewish Brigade mostrano il vero volto di alcune frange di una sinistra detta “antagonista”, le quali nascondono il proprio antisemitismo dietro la bandiera dell’antisionismo. In questa occasione chi non gradisce il ricordo del contributo della Brigata Ebraica nella liberazione del nostro paese, non protesta contro “l’occupazione israeliana dei territori palestinesi” ma evidentemente verso la presenza ebraica all’interno di una celebrazione che erroneamente ritiene esclusiva della propria corrente politica. Pericolosa strumentalizzazione oltre che revisionistica, facilmente conducibile a un sentir meno un valore storico, come quello della resistenza, che dovrebbe essere parte di una storia collettiva, negli ultimi anni invece di continuo sminuita e stigmatizzata da diverse fazioni. Come avviene di frequente, negli eventi storici vengono selezionati circostanze o episodi conformemente glorificate e ricordate, e altre invece più “scomode” su cui al contrario è indispensabile stendere un velo e dimenticare per maggiore coerenza con i conflitti attuali o con mesti ed erronei stereotipi e luoghi comuni. Anna Foa sottolinea su queste pagine, anche per i soliti smemorati, le numerose personalità ebraiche nelle file del CLN e nella resistenza antifascista in ogni parte d’Europa. Mario Avagliano ricorda invece con lo stesso proposito il consistente e fondamentale contributo ebraico nelle file della Brigate Internazionali in Spagna. Dubito che nei circoli di estrema sinistra chi commemora la Resistenza o la Guerra Civile in Spagna tenga presente anche dei partigiani e dei volontari ebrei. Così come raramente viene ricordata, la forte presenza ebraica nelle marce per la parità sessuale e i diritti civili (come contro la segregazione razziale in Usa), l’incalcolabile apporto ebraico alle lotte per la libertà e per il socialismo nel Centro-Est Europa – tra cui nella Rivoluzione d’Ottobre, chimera infranta poi dal comunismo reale delle purghe staliniane -, la persecuzione maccartista che colpì gli ebrei più di qualunque altra minoranza, il giornalismo di impostazione anarco-sindacalista in Yiddish nel vecchio e nel nuovo mondo o del tutto inesistente è l’importanza conferita ai movimenti labor-sionisti che influenzarono più di altri la formazione e i primi decenni dello Stato di Israele. Sarebbe poi forse impossibile stimare con esattezza il numero degli intellettuali e delle personalità di origine ebraica che hanno contribuito con il proprio pensiero e con il proprio vissuto alla formazione e alla diffusione di quelle idee marxiste, socialiste, egualitarie e liberali che oggi molti hanno eletto come proprio credo senza spesso conoscerne la fonte (e non di rado deviandone il significato e i bersagli).
Più semplice è immediato però presentare sia nell’estrema destra che nell’estrema sinistra, così come nei movimenti populisti adesso in voga, l’ebreo/gli ebrei come il venale e opulento capitalista senza scrupoli, colui che tiene celatamente le redini del mondo orientato unicamente verso i propri interessi e alla disfatta dell’umanità. La differenza è che gli ebrei di cui ho precedentemente accennato sono facilmente identificabili, hanno dei nomi e sono collocabili nella storia del mondo, gli altri ebrei, vividi nell’immaginario collettivo, invece sono per lo più figure anonime, indistinguibili, nascoste o “invisibili” e l’unica collocazione assegnabile è all’interno di misteriose e imprecisate lobby. Chissà se eventualmente in caso di necessità sia possibile avere un contatto con questi “padroni del mondo”, o se invece appartengano a dimensioni parallele, risiedano nella leggendaria Iperborea, nella terra cava, o semplicemente nell’aria come i fantasmi del Faust.

Francesco Moises Bassano, studente

(9 maggio 2014)