Torah…
“…chi cammina per la strada studiando e interrompe e dice: come è bello questo albero!, come è bello questo solco!, è considerato come uno che mette in pericolo la propria persona…” (Pirqè Avòt, 3; 9). In questa situazione un pò estrema, assistiamo ad un’irruzione dell’estetica nell’etica. In questo insegnamento, letto lo scorso Shabàt, si prospetta come lo studio della Torah deve costituire una continuità “in cammino” che proibisce ogni forma di interruzione. Lo sviare lo sguardo durante il nostro percorso può risultare una distrazione fatale per la continuità dei nostri progetti. Apparentemente questo insegnamento potrebbe indurci a concludere che anche un certo amore per la natura debba essere escluso dall’universo ebraico. Niente affatto. Sembra piuttosto emergere come l’impegno nella Torah non può essere scambiato con il senso di una contemplazione estetica. Ne risulta che dell’ebraismo non possiamo accogliere solo ciò che ci piace. Più che un dovere o un obbligo, la Torah costituisce piuttosto una condizione esistenziale di dinamismo e continuità tesa a scuotere il soporifero corso della vita naturale.
Roberto Della Rocca, rabbino
(13 maggio 2014)