Bergoglio in Israele: non perdere il senso critico

minerbi1La visita di Papa Francesco in Israele risveglia un interesse evidente. Nella prima visita di un pontefice nel 1964, Paolo VI interruppe ciò che fino a quel momento aveva rappresentato la posizione tradizionale del Vaticano di astenersi da contatti. Nell’anno 1993 furono stabilite le relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e Israele. Giovanni Paolo II fu ricevuto con tutti gli onori nel 2000 mentre Benedetto XVI nel 2009 fu accolto con qualche remora.
La soddisfazione nel vedere qui il Capo della Chiesa cattolica, sembra oggi comprensibile ma è meno evidente la mancanza di qualsiasi senso critico sul fatto in sé.
Così per esempio l’Istituto di Gerusalemme per gli studi israeliani ha organizzato un incontro sull’avvenimento, ma tutti gli oratori si sono astenuti da qualsiasi critica nei confronti della Chiesa cattolica. Anche la visita di Giovanni Paolo II era avvolta in una nuvola di incomprensione. Così per esempio fu gradito il fatto che il Papa inserì un biglietto nel Muro del pianto come vuole l’uso ebraico, ma ben pochi si diedero la briga di leggerne il contenuto o lessero ciò che avevano in mente e non ciò che vi era scritto e fu diffuso dalla Santa Sede.
La visita ha luogo da sabato 24 maggio al 26 maggio, e potrebbe aver l’effetto di far aumentare il numero dei pellegrini che si recheranno in Israele. Ma quando il Museo di Yad Vashem ospita gruppi di giovani italiani essi, possono ascoltare solo le spiegazioni del loro accompagnatore italiano ed escono dal Museo quasi con la stessa carica spirituale con la quale erano entrati. Inoltre la Direzione di Yad Vashem ha modificato la didascalia critica sotto la fotografia di Pio XII, e riportando invece questo testo: “Coloro che criticano quel Papa ritengono che la sua decisione di astenersi dal condannare il massacro degli Ebrei, da parte della Germania nazista è una sconfitta morale… La mancanza di una disposizione chiara da parte sua permise a molti di collaborare con la Germania nazista”.
La profonda incomprensione tra la Chiesa e Israele conobbe un’espressione ulteriore quando il primo ministro Benjamin Netanyahu incontrò Francesco nel dicembre 2013. Alla fine del suo colloquio egli augurò al papa successo nella visita in Israele, e il papa rispose: “Sì farò un pellegrinaggio in Terra Santa”. All’orecchio israeliano non c’è quasi nessuna differenza fra le due versioni, ma la differenza è enorme. Per capirlo basta ricordare quanto avvenne in Libano nel maggio 2014, quando Hezbollah attaccò sui giornali locali il vescovo Maronita Raï, domandandogli come potesse visitare lo Stato d’Israele. Il vescovo rispose che egli non avrebbe visitato Israele ma fatto un pellegrinaggio in Terra Santa. Secondo me, noi dobbiamo capire questa differenza. Bisogna tenere in considerazione ogni particolare e leggere attentamente ogni documento per cercare di comprendere le vere intenzioni della Chiesa. Quest’anno si è aggiunto ancora un problema: si era diffusa la voce che il Governo israeliano aveva deciso di concedere alla Santa Sede l`uso esclusivo del Cenacolo che è sul Monte Sion a Gerusalemme. Secondo il Ministro degli Affari Esteri israeliano il progetto di concedere il Cenacolo ai Cattolici non è più attuale. Ricordiamo che il Cenacolo è divenuto luogo santo cattolico nel secolo XIV e circa duecento anni dopo divenne proprietà del Waqf mussulmano. Per 500 anni il luogo fu una moschea, ma la Gran Bretagna che regnò su Gerusalemme dal 1917 al 1948, negò sia ai cristiani che ai mussulmani la facoltà di pregarvi. Lo Stato d’Israele non ha rinnovato la proprietà esclusiva dei cattolici sul piano superiore e nello stesso tempo ha permesso agli ebrei di pregare nel piano inferiore del sito noto come tomba di David. C’è il sospetto che la concessione del Cenacolo sarebbe effettuata al posto dell’implementazione esatta dell’Accordo tra Israele e la Santa Sede del 1993. Ciò che è nascosto è più grande di ciò che è noto. La visita papale al Cenacolo ha un precedente dell`anno 2000 quando Giovanni Paolo II recitò una messa in quel luogo.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu decise già durante la precedente visita di Benedetto XVI, che avrebbe incontrato il papa in una istituzione cattolica. Per realizzare questo progetto il Premier si recò a Nazaret e vi incontrò il Pontefice che era stato prima a Gerusalemme. Questa volta di nuovo Netanyahu incontrerà l’ospite in un sito cattolico, ma questa volta avverrà a Gerusalemme nell`edificio Notre Dame. Non è chiaro chi ha inventato un Protocollo così complicato. Invece Ehud Barak quando era Primo Ministro, ricevette Giovanni Paolo II accompagnandolo alla visita a Yad Vashem. Non c`è dubbio che questa scelta era preferibile a quella attuale.
Anche estremisti ebrei hanno causato danni alle relazioni tra Vaticano e Israele. Costoro hanno dipinto scritte contro i cristiani sulle mura di un luogo cristiano a Gerusalemme e prima, lo scorso 5 maggio, sul Centro Notre Dame. La scritta in ebraico dice: “Morte agli arabi e ai cristiani e a tutti coloro che odiano Israele”. Prima dell’arrivo del Papa, il Patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal disse “il razzismo urla mentre il Governo tace”. Secondo lui “le azioni distruttive avvelenano l`atmosfera di coabitazione e cooperazione proprio a due settimane dell`arrivo di papa Francesco”. Il Patriarca Twal ha domandato: “Come è possibile che il Governo non riesca a catturare i colpevoli? Dobbiamo domandarci quali siano le precedenze del Governo (israeliano) quando deve trattare il problema alla radice”.
Egli ha criticato anche la legge proposta alla Knesset, che definisce Israele come “Stato del popolo ebraico”. E ha domandato anche cosa avverrà con chi è diverso per religione e per etnia, aggiungendo “I vescovi sono molto preoccupati per la mancanza di sicurezza e responsabilità da parte dei politici e temono che la violenza abbia il sopravvento”.
La stampa italiana ha dedicato molto spazio alla descrizione dei danni provocati agli edifici della Santa Sede. È stato scritto che si moltiplicano gli atti e le minacce contro la comunità cristiana, le scritte offensive sulle chiese e danni alla proprietà. Nella stampa italiana sono stati citati ministri israeliani ed ex capi dell’intelligence che richiedono che i responsabili non siano considerati “membri di organizzazioni illegali” ma invece vengano definiti “terroristi”. Finora il Governo ha omesso qualsiasi azione, nonostante le parole dello scrittore Amos Oz, che ha definito “neo-nazisti” i giovani religiosi estremisti.
Il passato è pieno di atti immorali anche da parte della Chiesa. Non si può dimenticare che “I Protocolli dei Savi di Sion” furono tradotti in arabo negli anni ’20 del secolo scorso da parte del Patriarcato Latino di Gerusalemme. Inoltre il nuovo Papa ha ripetutamente scelto di citare dai Vangeli per i propri sermoni proprio dei brani anti ebraici (in data 27 aprile 2013, 24 e 27 marzo 2014, e 10 aprile 2014).

Sergio Minerbi, diplomatico

(25 maggio 2014)