Qui Bruxelles – Attacco al Museo ebraico. Le voci dei giovani italiani
Trovarsi a una cena con amici e facce nuove. Conoscere un ragazzo, chiacchierarci, scoprire la sua storia di giovane approdato a Bruxelles dopo varie tappe in giro per il mondo. Dopo pochi giorni venire a sapere che qualcosa di completamente buio e insensato l’ha colpito e ora lotta per vivere. Sono tanti i giovani che arrivano nella Capitale del Belgio e dell’intera Unione Europea, anche dall’Italia e dalla sua Comunità ebraica. Così Giuditta, Francesca e Simone raccontano le loro sensazioni di fronte all’attacco che ha colpito il Museo ebraico e riflettono sul significato che quanto accaduto assume nel contesto della città. A partire dall’incontro, lo scorso Shabbat, con Alexandre, ventenne impiegato dell’istituzione, che si trova in ospedale in condizioni critiche, raggiunto dai colpi d’arma da fuoco che hanno ucciso una coppia di turisti israeliani e una volontaria.
“Il Museo è un’istituzione della città nata per divulgare al pubblico la cultura e la storia ebraica, belga e non. Non appartenendo alla Comunità, non aveva neppure particolari apparati di sicurezza. Siamo tutti sotto shock” spiega Giuditta Bassous, 25 anni, già consigliere dell’Unione giovani ebrei d’Italia, da due anni a Bruxelles dove lavora presso il think thank “Think Young”. La paura è forte, per sé e per i propri cari impegnati nell’ambito delle istituzioni ebraiche. Ancora di più pensando ad Alexandre colpito dai terroristi. Come tanti altri anche lui la settimana scorsa aveva partecipato alla cena di Wandering Jews, gruppo che organizza ogni mese un pasto di Shabbat a casa di un volontario in cui tutti sono invitati e tutti portano qualcosa da mangiare. “Girovaghiamo in senso letterale, ogni mese troviamo qualcuno che ci ospiti, e questo significa che siamo molto aperti a tutti i nuovi venuti: l’invitato di questa volta potrebbe essere colui che offre casa per quella successiva” si legge nella descrizione del Wandering Jews di Bruxelles.
“Un ragazzo super simpatico, che ha vissuto in giro per il mondo, che ne sa un sacco” lo descrive Giuditta, già d’accordo per ospitare tutti la prossima cena di Shabbat.
“Sono molto preoccupata per le elezioni, che la gente, dopo quello che è successo, voti con la rabbia e non con la testa” aggiunge. Mentre sull’atmosfera di Bruxelles, spiega “In città c’è molta immigrazione e una forte comunità islamica, ma a livello religioso non ci sono mai stati problemi, se mai si percepisce una certa ostilità a livello politico nei confronti di Israele, ma mai i livelli sono stati tali da far pensare potessero esserci problemi”.
Alla cena di Wandering Jews c’era anche Francesca Matalon, 22 anni, collaboratrice di Pagine Ebraiche, a Bruxelles per un periodo di lavoro alla European Union of Jewish Students.
“Avvenimenti come questi sono sempre terribili, ma vederli accadere a dieci minuti da dove si abita, in luoghi dove passi tutti i giorni, colpisce ancora di più – spiega Francesca – Sapere che a essere coinvolto è qualcuno che hai appena conosciuto fa impressione. Ma soprattutto, ciò che più spaventa, è sapere che tutto questo è accaduto senza alcun motivo, senza alcun senso”.
“Bruxelles è una città con tante contraddizioni. Nonostante la presenza delle istituzioni europee e della ricchezza che le circonda, ci sono periferie dimenticate e grandi sacche di povertà” spiega invece il presidente Ugei Simone Disegni, 27 anni, che ha studiato e lavorato nella Capitale belga dal 2009 al 2012. “La comunità ebraica è molto integrata nel tessuto cittadino. E’ vero, c’è qualche tensione vista la numerosa popolazione di fede islamica, e il clima è in generale non favorevole a Israele, ma nulla poteva far pensare che accadesse una cosa del genere. Ora sarà importante capire chi c’è dietro all’attacco e perché. L’idea che ancora una volta venga preso di mira l’ebreo fa impressione”.
Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked
(25 maggio 2014)