Una speranza da cui ripartire
Il dolore per la strage di Bruxelles ci ha costretti a mettere in secondo piano i risultati del voto europeo, e in particolare di quello italiano. Ma nella cultura ebraica non c’è mai il dolore senza la ricerca di una consolazione, di uno spiraglio verso il futuro. Echà, il libro delle Lamentazioni, si conclude con parole di speranza; Geremia, proprio quando gli ebrei stanno per andare esuli in Babilonia, acquista un campo, perché “in questo paese si compreranno ancora case, campi e vigne”. Così, pur senza tacere il dolore per l’attentato e la preoccupazione per la crescita del consenso ai partiti xenofobi e antisemiti in molti paesi europei, credo sia giusto cercare uno spiraglio di speranza, un dato positivo che ci consenta di continuare a credere che nonostante tutto possa esserci ancora un futuro per gli ebrei in Europa. E una volta tanto la speranza viene proprio dall’Italia, che ha visto l’affermazione ampia, al di là di ogni aspettativa, di un partito chiaramente schierato in favore dell’Europa unita e dei suoi valori fondanti. Viceversa, in Italia il fronte contrario all’Europa ha registrato un consenso largamente inferiore alle aspettative; si è vista la sconfitta di una politica urlata, fatta di slogan violenti, di rifiuto del confronto e della discussione, di delegittimazione sistematica delle opinioni diverse, di minacce, di luoghi comuni sulle lobby, sui poteri forti, ecc.: tutte cose che la nostra storia ci ha insegnato a guardare con preoccupazione, anche quando non ci colpiscono direttamente. E poi queste elezioni ci hanno insegnato a non sopravvalutare il peso delle minoranze urlanti rispetto alle maggioranze silenziose, a diffidare di chi si autoproclama portavoce di tutti, a non avere troppa fretta nel legittimare chi sembra avere dietro di sé un ampio consenso che invece alla prova dei fatti potrebbe rivelarsi illusorio.
Anna Segre, insegnante
(30 maggio 2014)