Qui Vercelli – La musica invisibile
Tre personalità musicali d’eccezione, un originalissimo concerto fra ricerca e innovazione, tradizione e istinto, memoria e invenzione. Voce, flauto, arpa, sax e clarino nella monumentale sinagoga di Vercelli.
Enrico Fink, con Marcella Carboni e Gabriele Coen, ha proposto al pubblico (proveniente anche dalle diverse comunità ebraiche piemontesi) il suo progetto: la Musica Invisibile. Il progetto segue una lunga ricerca eseguita in questo mondo affascinante, sia in realtà dove la tradizione è viva e vibrante, sia in altre dove studiare la musica tradizionale signifca spesso tuffarsi in vecchi spartiti del coro, trascrizioni della cantillazione, e vecchie registrazioni, a volte di uso familiare (e comunque tutte, purtroppo, posteriori alla guerra).
Ma il tutto viene rivisitato attraverso una libera interpretazione jazzistica che si concede di giocare con la tradizione per raccontarla, e raccontarne le emozioni.
Premesso che gli ebrei, presenti con continuità storica in Italia da più di duemila anni, portando con sé in ogni piccola o grande comunità un ricchissimo repertorio musicale di tradizione per di più orale, diverso di città in città e di sinagoga in sinagoga, un mélange di infuenze e invenzioni, memorie antichissime e creazioni più recenti, la musica ebraica in Italia ha una storia ricca e complessa. Questa è anche la storia delle tre tradizioni più diffuse nel paese: il rito sefardita (proprio degli ebrei di discendenza spagnola, arrivati in Italia in seguito alla cacciata dalla Spagna nel 1492), quello ashkenazita (proprio degli ebrei di origine tedesca ed est europea stanziatisi nel corso dei secoli in gran parte dell’Europa, compresa l’Italia settentrionale), e quello italiano (proprio delle comunità romane, presenti in Italia prima della distruzione del Tempio e dell’inizio della diaspora ebraica). Riti diversi presentano diferenze nella struttura e nell’ordine delle preghiere, e diferenze notevoli nelle melodie che accompagnano le preghiere stesse; ogni comunità, inoltre, ha conservato proprie tradizioni, e in particolare propri canti e melodie.
Molta della musica che oggi si può ascoltare nelle sinagoghe italiane è stata scritta o arrangiata a metà del diciannovesimo secolo, dopo l’abbattimento della mura dei ghetti in gran parte del centro e nord Italia; l’epoca dell’emancipazione, quando gli ebrei italiani che avevano partecipato attivamente al Risorgimento tenevano molto alla loro “italianità”, e – per esempio – si dedicarono a costruire nuove imponenti sinagoghe, e spesso decisero di rimettere mano alle proprie antiche tradizioni musicali per renderle più in linea con il gusto contemporaneo. Ma il tipico amore ebraico della tradizione ha fatto sì che molta della nuova musica composta nell’800 mantenesse memoria delle melodie più antiche: così che è comune sentire traccia di musica del 1700, 1600, o persino 1500 o prima ancora. Anzi, in qualche modo il canto sinagogale italiano è come una storia delle relazioni fra gli ebrei italiani e la società circostante, una storia nascosta fra le pieghe musicali.
Grazie a Enrico Fink, a Marcella Carboni e Gabriele Coen che hanno aderito con entusiasmo all’invito di riportare nella nostra sinagoga i suoni e i canti della tradizione ebraica rivisitati e interpretati con grande professionalità e simpatia e con l’emozionante Lechà Dodì in apertura.
Rossella Bottini Treves, presidente Comunità ebraica di Vercelli
(10 giugno 2014)