divergenze…

Sono molteplici i tentativi di interpretazione sulle riserve che i dieci esploratori hanno manifestato nei confronti dell’insediamento nella Terra di Israele.
Ad accentuare lo stupore è il fatto che gli esploratori non erano persone qualunque; erano i rappresentanti del popolo.
Qualcuno spiega che hanno avuto riserve di tipo etico: che diritto abbiamo noi su questa terra? Questa terra è già abitata! Antepongono una questione morale, un diritto storico, a un progetto divino.
Altri sostengono, invece, che gli esploratori non volevano perdere il loro “status” di notabili. In Israele sarebbero stati considerati alla stregua di tutti gli altri ebrei comuni. Altri ancora spiegano il clamoroso rifiuto di realizzare la Alya perché innamorati del Monte Sinai e della cornice di spiritualità che caratterizzava tutta la loro esistenza. Chi ce lo fa fare di andare in Israele! Fino a ora ci alimentiamo della manna, un cibo che viene direttamente dal cielo, possiamo occuparci di Torah tutto il giorno. Viviamo perennemente sotto la nuvola protettiva dell’Eterno! Perché dovremmo rinunciare a tutto ciò per iniziare una vita dura e piena di incognite, dovendoci dedicare al lavoro e alla faticosa costruzione di una società ebraica funzionale?
Ancora oggi, a distanza di secoli, le remore e le divergenze ideologiche che caratterizzano i nostri diversi modi di porsi rispetto alla scelta di vivere in Eretz Israel sono riconducibili a queste interpretazioni e all’incapacità di portare la kedushah nella vita di tutti i giorni.

Roberto Della Rocca, rabbino

(17 giugno 2014)