Setirot – Gilad, Eyal, Naftali
Naftali Frenkel, Gilad Shaar, Eyal Yifrach. Impossibile non pensarci, non parlarne. Il loro rapimento sgomenta, addolora, riempie di rabbia. E fino a quando non torneranno a casa sani e salvi guai a dimenticarli, a lasciarli soli, a far passare un solo giorno, una sola ora, senza aiutarli come si può, guai a smetterla di ricordarli. Non è questione di essere ebrei o non ebrei, di “sinistra” o di “destra”, di avere in simpatia emotiva e ideologica più gli israeliani o i palestinesi. Non è questione di battersi per “due popoli due Stati” oppure per la Grande Israele. Non è questione di confrontarsi – in maniera anche aspra – all’interno e all’esterno del mondo ebraico. In questi giorni ho letto sul web nefandezze immonde postate da odiatori criminali e fascisti che inneggiano al kidnapping, ma ho letto anche aberrazioni uguali e contrarie di cosiddetti “amici” di Naftali, Gilad, Eyal. Tutta questa vicenda ci dovrebbe insegnare, ancora una volta purtroppo, che esiste un solo, grande, fondamentale discrimine: tra chi si indigna e non accetta e soffre nel profondo del cuore e della mente di fronte al dolore, alla violenza, alla prevaricazione e chi, invece, ne gode, e la auspica.
Stefano Jesurum
(19 giugno 2014)