Romanzo Viennese
Romanzo Viennese di David Vogel (Giuntina, 2014) è stato presentato in numerose recensioni come un “romanzo erotico”. Un’indicazione forse troppo riduttiva per un’opera sì frammentaria ma al tempo stesso così completa, dove viene delineato il ritratto di un periodo storico – quello della Vienna di inizio secolo – che aprendo la strada alla modernità, porterà con sé un’intero mondo. Qui infatti, tra voci e punti di vista che si alternano, oltre al tormentato triangolo amoroso tra Michael Rost (il protagonista), Gertrud (padrona del suo appartamento) e sua figlia Erna, si sente l’eco del primo femminismo, di un sionismo in maturazione, del bundismo, della psicanalisi, delle idee di Otto Weininger, e al centro si prospetta soprattutto il disordine, la perdita di senso e l’alienazione di un’intera generazione che stranamente non è poi così dissimile da quella attuale. Ma oltre alla “bizzarra” attualità di questo scritto ritrovato miracolosamente vale la pena riportare una tra le sue bellissime parti, importante specie nel nostro contesto, per comprendere il passaggio e l’inevitabile scontro tra padri “conservatori” e figli “rivoluzionari” negli ambienti ebraici dell’Est Europa:
“Rost si rammentò dei giovani della sua città – apprendisti sarti, falegnami e simili – che predicavano la rivoluzione in incontri clandestini gridando: «Compagni, lavoratori! Ribellatevi come un solo uomo! Spezzate le catene!» eccetera, eccetera, fino a che non venivano catturati dalle autorità e portati in Siberia dove si trasformavano in martiri della rivoluzione. I genitori commerciavano in legname, in grano, speculavano e lucravano, aprivano ogni genere di botteghe gli uni accanto agli altri e vivevano nel terrore dei pogrom. La domenica e i giorni festivi i preti aizzavano i fedeli contro gli ebrei e voci terrificanti correvano di bocca in bocca: «si stanno preparando». I ragazzi andavano allora nei villaggi a istigare i contadini contro i latifondisti sfruttatori e contro lo zar e le fiamme da loro fomentate alla fine rovinavano i genitori”.
Francesco Moises Bassano
(20 giugno 2014)