Periscopio – Ore d’angoscia

lucreziÈ davvero difficile, in queste ore di angoscia, esprimere qualche ragionamento che non sia offuscato dal dolore, dal disgusto, dalla rabbia, da uno schiacciante senso di impotenza.
È difficile formulare delle parole che possano dire qualcosa di diverso dal puro raccapriccio.
Tutte le vuote chiacchiere sulla pace, che da decenni riempiono i notiziari, tutti i triti rituali, i finti sorrisi, le estenuanti e ipocrite discussioni, i falsi gesti simbolici, le tanto celebrate preghiere comuni ci appaiono come una sinistra parodia, un lugubre teatro apparecchiato per camuffare una ripugnate realtà.
Nell’assoluta mancanza di ogni possibile parola di consolazione, di qualsiasi, per quanto esile, filo di speranza, del benché minimo appiglio psicologico, razionale o irrazionale che sia, l’unico desiderio che erompe, impetuoso, è quello di una dura, durissima risposta sul piano militare. Una risposta che ci sarà, che ci dovrà essere, ovviamente, ma che neanch’essa, in nessun modo, potrà mai rappresentare una minima forma di pacificazione, di riscatto. Mai nessuno potrà dire “giustizia è fatta”. E tutti sanno benissimo che le belve sanguinarie – con tutti i loro numerosissimi e potentissimi fan, sponsor, supporter, sparsi un po’ dovunque – non aspettano altro, già godono al pensiero del sangue che sarà prossimamente versato, specialmente quello palestinese, specialmente quello dei bambini – che vale tanto di più, sul piano della propaganda – già ammassati vicino ai possibili obiettivi delle prevedibili azioni militari israeliane.
Ancora una volta, il dio Moloch è stato allertato, i suoi sacerdoti sono al lavoro, le vittime sacrificali sono state benedette.
Sappiamo che, se gli assassini saranno presi vivi, riceveranno anch’essi, come tutti i loro compagni di prigionia, congrue prebende finanziarie.
Immaginiamo, magari tra qualche anno, qualche nostro politico invocante la loro liberazione, in nome della pace.
Prevediamo che l’alleanza tra Hamas e Fatah, anziché essere messa in crisi dal crimine, sarà rafforzata dall’esigenza di fare fronte comune contro l’aggressore.
Conosciamo, parola per parola, cosa dirà il mondo sulle prossime azioni belliche, dopo le ipocrite lacrime di coccodrillo versate, e già asciugate.
La solitudine di Israele ci pare vasta come il cielo, profonda come un oceano, buia come la notte.
Eppure, fermissima, incrollabile è la nostra certezza di volere stare lì, in quella solitudine, per sempre.
È quello il nostro posto. Accanto a Eyal, Gilad e Naftali. Tre volti di ragazzi che vedremo, per sempre, nel cielo stellato, sopra di noi, e, dentro di noi, in quella legge morale che stavano studiando, e il cui apprendimento di hanno affidato.

Francesco Lucrezi, storico

(2 luglio 2014)