Finestra sul confine – Tensione
Sto tornando da un convegno a Gerusalemme. Sullo specchietto retrovisore vedo gli occhi dell’autista del taxi che lentamente si chiudono. Sono stanca anch’io ma siamo solo a Haifa, ci sono perlomeno altri 80 km fino a Sasa. “Di dove sei?” gli domando “Sono di Beit Hanina -, Gerusalemme est”. Non è di molte parole e io comincio a preoccuparmi. Il taxi l’ha organizzato KAS, il Konrad Adenauer Stiftung con il quale stiamo attuando il progetto “Partnership of Regional Leadership” per far conoscere e cooperare 150 ragazzi di 16-17 anni dalla Giordania, Israele e Autorità Palestinese. Cerco di essere simpatica: “Appena arriviamo al kibbutz ti preparo un bel caffè espresso, cosi ti tiri un po’ su!” Non sorride. “Ah, e quando torni verso Gerusalemme, a cinque km da Sasa c’è un villaggio Druso, Hurfeish, preparano i migliori Sambussak della Galilea…i gestori vengono dal Libano!” Il sambussak è una deliziosa pagnottella tipo calzone ripiena di formaggi tipici della zona, di zaatar e olio d’oliva di prima qualità. Sorrido attraverso lo specchietto convinta di avergli dato una preziosa informazione. Sposta appena lo sguardo verso di me sullo specchietto: “Noi sunniti non mangiamo cibi drusi”. Prima era solo serio, ora il suo sguardo è proprio duro. “Non capisco! Non mangiate per motivi religiosi? Anche i drusi non mangiano maiale!” sorrido, pensando che stia scherzando. “No ci è proibito e basta!”. Cerco di continuare ad essere simpatica. “E dagli sciiti mangiate?” “No neanche dagli sciiti”. Quando arriviamo l’autista beve il suo caffè e se ne va e io chiedo a Yehuda, mio marito: “Ma come possono amare noi ebrei se……” E Yehuda risponde: “Non ci devono amare…basta che ci rispettino e ci riconoscano!” La mattina, quando entro nella scuola drusa dove lavoro come consulente accademica, racconto questa storia: “Ci odiano, perché i nostri figli si arruolano in Tzahal. Qui in Galilea è un altro mondo, tu non te ne accorgi perché abbiamo rapporti di collaborazione e amicizia tra un villaggio e l’altro, con i kibbutzim e i moshavim…..ma intorno a Gerusalemme è diverso. La situazione è più tesa… Io non entro là nel mercato per esempio… Vedono il mio velo e mi gridano dietro improperi perché sono drusa!”.
Peccato, l’autista si è perso una bella cenetta! L’odio e l’intolleranza fanno perdere tante belle cose.
Edna Angelica Calò Livne
(3 luglio 2014)