Salvare il legno

Francesco Moisés BassanoTra le ricchezze travolte dalla furia distruttiva nazista, non si possono dimenticare le originali sinagoghe di legno (in polacco Drewniane Synagogi) diffuse in gran numero prima del 1939 nell’Ex Confederazione Polacca-Lituana. Costruite prevalentemente nel Seicento e nel Settecento, in un periodo relativamente prospero per le comunità ebraiche della zona, rappresentano come le analoghe chiese in legno dei Carpazi, del Maramuresh e dell’Ucraina Occidentale, un raro esempio di architettura vernacolare ebraica. Gli artigiani locali potevano ricavare facilmente il materiale per la loro edificazione dalle estese foreste dell’Est Europa, sopperendo così al divieto imposto, in molti luoghi, di costruire edifici religiosi non cristiani in muratura – In Yoshe Kalb per esempio, I.J. Singer rimarca più volte che il tempio di Nyesheve era in legno nell’attesa di essere costruita poi in muratura.
Riadattando l’arte barocca in voga in tutta l’Europa continentale, gli edifici venivano progettati con diverse tecniche e variazioni stilistiche da luogo a luogo: alcune erano più elaborate architettonicamente, con cupole o balconi, gallerie e archi, come quella di Wolpa in Bielorussia, che presentava inoltre un tetto a tre livelli; altre, come quelle galiziane erano più semplici esteriormente ma maggiormente arricchite con colorate decorazioni interne. La Bimah, sosteneva quasi sempre la volta del tetto, e questo conosciuto come Raqi’a, veniva sovente dipinto di blu, appunto come un cielo notturno cosparso di stelle. Considerata anche la precarietà del materiale, deteriorabile e combustibile, gran parte delle sinagoghe di legno fu distrutta da incendi e da altre calamità: le forze d’occupazione tedesche bruciarono poi deliberatamente le restanti. Oggi ne sopravvivono solo pochi esempi isolati nei pressi di piccoli villaggi, soprattutto in Lituania, come a Pakruojis, Tirksliai, Ziezmariai, Kurkliai, Telsiai, Alanta, Rozalimas e Kaltinenai, o in Lettonia a Subate. La maggioranza di esse sono in pessime condizioni, pericolanti e in stato di abbandono, eccetto la “kenesa” dei Karajlar (Caraiti di Crimea) a Trakai, ben conservata e attualmente in uso, sebbene non ortodossa. Sinagoghe, come quelle di Seda e di Plungė, sono invece già crollate o sono state demolite nell’indifferenza locale.
Il vivo interesse espresso da parte della comunità ebraica lituana e di alcune fondazioni ebraiche internazionali lascerebbe presumere tra l’oggi e il domani la ristrutturazione e la migliore conservazione di quelle tutt’ora esistenti. Ogni minuto è comunque prezioso, non solo per le poche sinagoghe in legno della Lituania ma anche per le altre in muratura di tutta l’ex confederazione, tra queste, un caso emblematico potrebbe essere quella di Brody (considerando l’importanza che deteneva questa kehillah tra il XIX e il XX secolo) in costante degrado e in rovina.

Francesco Moises Bassano, studente

(4 luglio 2014)