parole…
“E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.”
Se il poeta Salvatore Quasimodo di fronte all’orrore della guerra scelse il silenzio delle cetre come furono silenziose le cetre dei nostri padri schiavi in Babilonia (salmo 136) noi non possiamo permetterci lo stesso silenzio. E di fronte alla follia distruttiva di Hamas e di ogni fondamentalismo e di fronte ai pregiudizi antisemiti di un certo mondo che non fa differenze tra libertà e liberticidi le nostre cetre, le nostre parole devono suonare ovunque. Per informare, per svegliare coscienze o anche solo per destare un dubbio.
Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
(11 luglio 2014)