…voci
“Voci da Gaza” è un rubrica che Francesca Paci tiene su “La Stampa” ed è una rubrica che, a saperla leggere, dice moltissimo. Ho letto con attenzione le parole di quelle molte voci, di cui confesso, mi piacerebbe ascoltare il suono e soprattutto il tono. Sono voci arrabbiate, piene di rancore come quella di Fedaa al Qedra 21 anni (La Stampa, 18 luglio 2014) o struggenti, che esprimono un desiderio semplice come quella di Hesham Muhanna 24 anni, laureato in Business Administration, master alla New York University (La Stampa, 20 luglio 2014). Per quanto dure quelle parole mi sembrano più autentiche e vere di quelle che corrono da questa parte del mondo. Nelle pesanti critiche a Israele che intravedo in questi giorni, e che molti leggono come dimostrazione di antisemitismo, c’è una nota che mi suona falsa. In quelle parole, io leggo varie cose tra cui: una profonda sfiducia verso il mondo palestinese di saper oltrepassare la propria condizione di crisi e di estremismo politico; consolare senza dare nessun elemento né nessun aiuto vero per consentire una crescita autentica e dunque uscire dalla condizione di indigenza, frustrazione e soprattutto sconfiggere definitivamente l’ipoteca Hamas; liberarsi del proprio senso di colpa colonialista scaricandolo su qualcun altro. Queste parole a differenza di quelle di Fedaa al Qedra, di Hesham Muhanna, o dei molti, dall’altra parte, in Israele che hanno dentro la stessa rabbia o lo stesso senso di frustrazione o di impotenza, dicono che ciò di cui c’è bisogno è una politica che investa su un futuro possibile. Una politica fatta di scelte economiche, di incentivazioni su progetti, insomma di investimenti con e sulle persone, che superi i dolori, le ferite e i lutti che stanno da tutte e due le parti.
David Bidussa, storico sociale delle idee
(27 luglio 2014)