Periscopio – Manipolazione

lucreziLa massiccia, scientifica, sistematica manipolazione dei dati relativi alla guerra di Gaza da parte della grande maggioranza dei media mondiali è stata reiteratamente denunciata, su queste e altre pagine, e non è il caso di richiamarla ancora, tanto sono evidenti la falsità e la malafede che grondano da tanti mezzi di informazione, su carta, web, radio e televisione. Strettamente collegata a tale distorsione è quella che emerge da molti, moltissimi dei commenti (anche in questo caso, la grande maggioranza) dedicati alla situazione da ‘esperti’ di vario tipo.
Pur nella difficoltà di ridurre a sintesi una quantità tanto vasta e variegata di opinioni (che, ovviamente, possiamo conoscere direttamente solo in piccola parte), vorremmo sottolineare il carattere palesemente ambiguo e maligno dei numerosi ragionamenti che sono stati fatti, in questi giorni, sul rapporto tra il conflitto in corso e l’impressionante rigurgito, in tutto il mondo, di manifestazioni di violento antisemitismo.
Al riguardo, molti commentatori si soffermano sulla vecchia, trita e noiosissima distinzione tra antisionismo e antisemitismo, sovente auspicando che le legittime critiche a Israele o al suo attuale governo non degenerino in indiscriminati attacchi agli ebrei “tout court”. Bruciare bandiere di Israele è una cosa, picchiare scolari con la kippà un’altra, lanciare contro le Ambasciate israeliane bambole insanguinate ha un significato, auspicare la riapertura dei campi di concentramento ne ha un altro, aggredire calciatori israeliani è diverso da urlare “Hamas, Hamas, ebrei al gas” ecc. ecc.
Dobbiamo ringraziare tutti i dotti commentatori che, in tempi così chiassosi e confusi, ci aiutano, con i loro paletti e parametri, a fare le debite distinzioni, a non fare di ogni erba un fascio.
Ma quasi tutti, pur nella varietà dei giudizi e delle argomentazioni, sottolineano il fatto che l’insieme di questi fenomeni (sia quelli legittimi sia quelli ‘deviati’) sono in ogni caso da considerare una reazione alle operazioni militari condotte da Israele, il quale ne porterebbe quindi comunque (in modo esclusivo o concorrente, a titolo doloso o colposo) la responsabilità. Quasi tutti (pur dando valutazioni diverse del comportamento del governo di Gerusalemme, giudicato criminale, esagerato, o anche, talvolta, comprensibile) concordano nel notare come l’operazione “scudo difensivo” abbia provocato, come effetto collaterale, questa prevedibile reazione antiebraica, che, senza l’intervento di Tsahal, si sarebbe potuto evitare. E’ vero – ricorda qualcuno – che l’antisemitismo c’era anche prima, ma certamente è cresciuto, e di molto, senza la guerra ciò non sarebbe accaduto. Sarebbe bastato che gli israeliani avessero continuato a prendersi i loro razzi, buoni buoni, come noi prendiamo la tintarella, e il problema non sarebbe sorto.
Riguardo a tali considerazioni, faccio solo tre piccole osservazioni.
La prima. Considerare l’antisemitismo come un fenomeno reattivo, come un’allergia, e non come un qualcosa di autonomo, di autogeno, significa non averne capito nulla, ma proprio nulla.
La seconda. E’ vero che l’antisemitismo può accendersi per alcuni fatti, o alcuni pretesti, come la benzina si accende per un cerino. Ma ciò non vuol dire che prima, apparentemente ‘spento’, esso non ci fosse. Nessun cerino può accendere una tanica vuota, o piena d’acqua. Prima dell’affare Dreyfus, in Francia, c’era esattamente lo stesso livello di antisemitismo di dopo, solo che era nascosto.
La terza. Se c’è un collegamento tra i fatti di Israele e l’antisemitismo, è proprio sicuro che esso sia sempre e soltanto a senso unico, e che il rapporto di causa-effetto sia unilaterale? E’ strano, anche in natura, che il vento spiri sempre e soltanto in una sola direzione. Possibile che nessuno si chieda mai se l’antisemitismo mondiale non giochi un qualche ruolo in questa guerra, come in tutte le altre guerre di quell’area? Che nessuno si chieda, per esempio, se Hamas non possa sentirsi incoraggiata e supportata – prima del lancio dei missili, non solo dopo – dallo sfegatato tifo di quelli che la appoggiano, da tanto lontano, al grido di “morte agli ebrei”?
Eppure sarebbe una domanda così facile, con una risposta così facile. Per questo, forse, nessuno se la pone.

Francesco Lucrezi, storico

(30 luglio 2014)