Ticketless – La scuola dei soliti noti

cavaglionNon me ne voglia l’amico Paolo Di Stefano, ma dissento. Da qualche anno è così, sotto il solleone (“Corriere”, 22 luglio scorso) parte la sua battaglia contro le letture scolastiche imposte dall’alto da professori di scuola privi di fantasia. Calvino, Sciascia, Primo Levi, La coscienza di Zeno, Il fu Mattia Pascal, Il Gattopardo: “Ogni estate che il Signore mandi benevolmente sulla Terra, le classifiche subiscono la solita stanca respirazione bocca a bocca della scuola […] come se dagli anni Sessanta non ci fosse stato nessun cambio generazionale (e culturale) tra gli insegnanti”.
Qualche cosa non mi torna. L’esperienza della scuola insegna che non ci si può fermare all’indignazione, bisogna capire quello che sta accadendo. E’ una questione di velocità. Piaccia o non piaccia gli studenti hanno un ritmo diverso dal nostro. Fino a una decina di anni fa le disavventure di Marcovaldo facevano sbellicare dalle risa un quindicenne. Oggi lo sventurato, se è in vena, sorride per compiacere il prof. I “soliti noti” non sono più leggibili, lo sappiamo: per il loro ritmo “lento”. A scuola la regola dominante è la velocità. Gli insegnanti sono i primi a cadere in trappola: quando fa freddo inseguono l’attualità costi quello che costi, salvo evidentemente pentirsi quando s’avvicina l’estate. Chissà perché. Le antologie sono costruite sulla contemporaneità. Nei documenti proposti per l’Esame di Stato trovi Goethe cinque righe sotto Severgnini. Stella e Cazzullo giocano a ping pong con Kant e se sei commissario ti tocca spiegare che non è un collaboratore di “Repubblica” . Triste destino sotto gli ombrelloni toccherebbe agli autori che Di Stefano suggerisce in alternativa ai soliti noti: Ortese, Soldati, Bianciardi, Flaiano, Fruttero & Lucentini, Bufalino o Trabucchi. Per riformare la scuola bisogna chiedere a Di Stefano, per l’estate 2015, una brusca frenata e tornare ai classici che hanno reso grandi i soliti noti. Calvino senza Ariosto non è comprensibile. Levi senza la Commedia dantesca idem.

Alberto Cavaglion

(30 luglio 2014)