CRISI / Quanto costa il conflitto?

Fermo restando che il prezzo più alto sono le vite umane perdute, è evidente che il conflitto in corso sta avendo anche un impatto sull’economia della zona. Un articolo di Roberto Bonsignori, pubblicato sul Sole 24Ore del 30 luglio sintetizza la situazione, già a partire dal titolo, che ricorda il prezzo pagato da Israele nelle prime due settimane di guerra “Già persi 550 milioni di dollari”.
Costi diretti e indiretti, difficili da calcolare e ben noti a Israele, circondato sin dalla sua nascita da paesi ostili. Il Fondo Monetario Internazionale ha diffuso pochi giorni fa una stima – condivisa dalle autorità israeliane – secondo la quale le operazioni militari contro Hamas avrebbero sottratto fino ad ora lo 0,2 per cento del Pil. Nello stesso rapporto si evidenzia come l’economi israeliana abbia sempre avuto una straordinaria capacità di ripresa, come dimostrato in seguito ai periodi di crisi passati. Le previsioni sulla crescita del Pil 2014 erano del 2,9 per cento mentre ora secondo gli analisti si attestano al 2,4. Nei primi sedici giorni di operazioni (siamo ora vicini al trentesimo) le perdite del comparto industriale hanno superato i 200 milioni di dollari, a cui si aggiungeranno le inevitabili perdite del comparto turistico. Al contrario di quello che ci si potrebbe aspettare, invece, la Borsa di tel Aviv non solo non ha visto i suoi indici precipitare, ma l’indice delle cento più grandi compagnie è salito, segno di grande fiducia degli investitori nelle capacità di Israele di proteggere i suoi valor e il suo territorio
La Striscia di Gaza invece vive di aiuti, e il 95 per cento del suo fatturato – se così lo si può chiamare – proviene dal contrabbando attraverso i tunnel con l’Egitto. Una ripresa sarà molto più lunga e difficile, anche per i danni gravissimi causati dal conflitto a case e infrastrutture. E Hamas, apparentemente già in crisi finanziaria da mesi, non ha i mezzi per risollevare la situazione economica della Striscia.

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