Vecchi nemici, nuovi amici
Animato da uno spirito religioso distorto che giustifica l’inganno, glorifica le uccisioni di israeliani, ammette le frodi, Hamas si illude di perdere solo una battaglia ma spera di spuntare la vittoria finale. Due minuti prima delle 8 di stamane, l’ora concordata per il cessate il fuoco, Hamas ha lanciato i suoi missili allargandone il campo d’azione. Ma come è avvenuto finora la “cupola di ferro” israeliana è riuscita ad abbattere tutti i razzi prima che raggiungessero i loro obiettivi, sempre civili.
Il cessate il fuoco è frutto dell’intervento dell’Egitto di Al Sisi ed è previsto per 72 ore, ma è probabile che avrà un seguito. Hamas ammette l’Autorità Palestinese di Abu Mazen che gode anche dell’appoggio dell’Arabia Saudita e Giordania. Lo stesso Abu Mazen controllerà il prezioso valico di Rafah verso l’Egitto,un paese che riconosce l’Autorità Palestinese. Ma Netanyahu, che aveva intavolato delle trattative con Abu Mazen mesi fa, le ha interrotte alla vigilia di questa crisi mentre era preferibile giungere a soluzioni parziali e forse non definitive, piuttosto che respingerlo. Oggi Abu Mazen è indebolito da una guerra che ha dimostrato la sua incapacità a dominare il Hamas, ma rimane l’unico personaggio palestinese che possa e voglia negoziare con Israele, ed abbia una valenza internazionale. Hamas ha visto scomparire o quasi le sue due armi principali: i razzi sconfitti dalla “cupola di ferro” e le gallerie sotterranee pazientemente scoperte e demolite da Israele. Questa guerra è costata ai Palestinesi circa 1600 vittime, in parte civili, tra i quali si nascondevano gli uomini della sua milizia.
Proprio alla fine di questo round Israele ha visto diminuire, almeno per il momento, il sostegno di Stati Uniti, Francia, Inghilterra. Inoltre per quasi un mese la metà del paese è stata paralizzata e le vittime militari, più di 60, sono molte e dolorose poiché includono alcuni giovani tra i migliori di Israele. Ma se il lato militare di Israele è ottimo, lo è molto meno quello che dovrebbe trattare le questioni di politica internazionale: pericoli sottovalutati, amicizie che scompaiono quando ce ne è più bisogno, giornali esteri che danno ai lettori un quadro distorto. Il problema non è nuovo ma sembra stia aggravandosi con un ministero degli Esteri che perde velocità. La Turchia di Erdogan sputa veleno contro Israele, ma Egitto, Arabia Saudita, Giordania, il futuro Kurdistan, potrebbero diventare dei solidi amici.
Sergio Minerbi
(5 agosto 2014)