Periscopio – La fabbrica dell’odio

lucreziLa crudele e sanguinosa guerra di Gaza, com’è evidente, si combatte anche, o soprattutto, sul piano della propaganda, in considerazione del massiccio impegno a diffondere in tutto il mondo le notizie dei tragici effetti delle operazioni militari israeliane, le cui vittime vengono tutte sempre messe in conto alla disumana crudeltà del nemico, nella totale e sistematica rimozione delle vere responsabilità del conflitto. E un ruolo tutto particolare, in questa guerra nella guerra, assolvono le immagini, spesso di estrema crudezza, divulgate, per fornire la “prova del nove” della ferocia dell’aggressore. 
Tra le tante raccapriccianti immagini fatte circolare da Hamas, una, in particolare, colpisce per la sua atrocità: in essa si vedono, infatti, due corpi sgozzati – uno dei quali di un bimbo in tenera età -, riversi, sui loro letti, in un lago di sangue. Una didascalia informa che l’immagine è stata ripresa dal pronto soccorso medico palestinese, intervenuto sul luogo dopo che l’esercito israeliano aveva abbandonato l’abitazione. Dalla fotografia si evince chiaramente che le morti non possono essere state causate da bombardamenti o colpi a distanza, ma sono state procurate a mano, all’arma bianca. Uomini e bambini indifesi massacrati, dunque, nei loro letti, da soldati che indossavano un’uniforme. Come dubitare del fatto che quei soldati sono dei mostri? Come non condividere lo slogan “Free Palestine”, impresso, sotto la foto, sullo sfondo della bandiera palestinese? Solo in una Palestina “free” tali orrori non accadranno più.
Un’immagine terribile, e terribilmente eloquente, dalla quale il mondo imparerà quel che c’è da imparare. 
Un solo, piccolo particolare, nella foto, “non quadra”, ed è la mezuzà sullo stipite della porta di una delle stanze del massacro. Com’è possibile? La mezuzà non è forse un segno di devozione ebraica? A Gaza vivono degli ebrei? E i soldati di Tsahal hanno sgozzato bambini ebrei? A tanto arriva la loro cieca crudeltà? 
L’arcano è stato facilmente svelato, in quanto l’atroce immagine si riferisce alla strage di Itamar, quando, nel marzo del 2013, un’intera famiglia di ebrei fu sterminata da terroristi palestinesi: i due genitori, Ehud Vogel (36 anni) e la moglie Ruth (35 anni), insieme ai loro tre figli, Yoav (11 anni), Elad (3 anni) e Hadass (3 mesi). Tutti e cinque uccisi a pugnalate, alcuni nel sonno. Sfuggirono miracolosamente alla strage gli altri tre figli, che riuscirono a scappare, correndo a invocare soccorso. I corpi ritratti nella foto sono, appunto, quelli di due dei cinque Vogel..
Che dire? Sarebbe stato facile, per quelli di Hamas, correggere l’immagine, con il fotoshop, e cancellare la mezuzà, il falso sarebbe stato meno evidente. Se li riteniamo dei terroristi, non crediamo però che siano degli stupidi. Perché non l’hanno fatto? È semplice. Perché non ce n’era bisogno. Nel tritacarne della macchina ‘fabbrica-odio’, infatti, entra di tutto, senza nessun problema, senza alcun bisogno di distinguo e precisazioni, come in un contenitore di rifiuti indifferenziati. Ogni sangue, da chiunque versato, da chiunque provocato, fa gioco, e viene riciclato in odio contro il nemico sionista. Se qualcuno crede che i corpi martirizzati siano davvero di palestinesi, il trucco ha funzionato, e dunque “Free Palestine”. Se qualcuno, invece, si accorge dell’inganno, poco male, la foto potrà in ogni caso servire da istruzione di cosa si debba fare, di quale debba essere la risposta ai problemi. In ogni caso, sempre e comunque, “Free Palestine”. 

Francesco Lucrezi, storico

(13 agosto 2014)