MEDIA / Quanto conta la paura a Gaza?
Esistono numerose testimonianze di come Hamas abbia minacciato i giornalisti presenti a Gaza, condizionando pesantemente la copertura del conflitto da parte dei media. Il motivo principale per cui non esistono inchieste giornalistiche sull’operato e sui crimini di Hamas potrebbe essere semplicemente la paura. Il Times of Israel, per esempio, ha confermato come ci siano stati numerosi casi in cui i giornalisti sono stati interrogati e minacciati, con una particolare aggressività di coloro che avevano scattato fotografie o effettuato riprese di terroristi impegnati a preparare il lancio di missili in aree in cui erano presenti strutture civili. Apparecchiatura sequestrata, minacce, in alcuni casi il divieto di lasciare Gaza, probabilmente sono le ragioni di una autocensura che però sta ora lasciando filtrare notizie sempre più precise.
Un giornalista spagnolo ha raccontato che vedere uomini in abiti civili ma armati, assistere alla preparazione e al lancio dei missili che continuano implacabilmente a colpire Israele da settimane non è affatto impossibile: “È molto semplice: noi tutti siamo stati testimoni di numerosi lanci di razzi, avvenivano anche molto vicino all’albergo dove stavano i giornalisti ma nel momento stesso in cui cercavamo di filmarli ci sparavano e minacciavano di morte”.
Alcuni giornalisti, nonostante le minacce, hanno raccontato di aver assistito in prima persona all’utilizzo dei civili come scudi umani. Aishi Zidan, giornalista finlandese di Helsingin Sanomat, ha riferito di un razzo partito dal cortile dello Shifa Hospital, e anche altri due giornalisti di Al-Jazeera e di France 24 hanno ripreso, seppure in maniera del tutto involontaria, Hamas che faceva partire missili da aree densamente popolate.
La New Delhi Television, il cui corrispondente ha filmato la preparazione di una base di lancio, ha messo in onda le immagini solo dopo che la troupe ha lasciato Gaza.
Un giornalista italiano, Gabriele Barbati, corrispondente di TgCom24, ha aspettato di essere uscito da Gaza per confermare la responsabilità di Hamas per i colpi che hanno colpito il campo profughi di Shati (uccidendo anche nove bambini). Hamas ha anche ordinato al giornalista – nativo di Gaza – Radjaa Abou Dagga, collaboratore di Liberation di lasciare la Striscia immediatamente. Sarebbe stato convocato da membri del servizio di sicurezza del movimento islamista nei locali dell’ospedale Al Shifa, nel centro di Gaza, dove ha subito un interrogatorio in piena regola. “Sono rimasto sorpreso dal loro modo di fare – ha affermato il giornalista – quando mi hanno lasciato andare mi hanno lanciato un avvertimento ben chiaro: ‘Per il tuo bene faresti bene a lasciare Gaza il più presto possibile’”. E l’associazione Reporters sans frontieres conferma che i militanti di Hamas avrebbero minacciato diversi altri giornalisti, sia palestinesi che stranieri.
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