…studiare
La tesi sostenuta dal cittadino Di Battista è semplice: il terrorismo (in questo caso islamico) nasce dalla disperazione di popolazioni che prima hanno subito l’imposizione di una geopolitica occidentale che ha fatto del Medio Oriente ciò che ha voluto, e poi ha bombardato indiscriminatamente provocando un numero incalcolabile di vittime, perlopiù civili. Combattere per la propria libertà quando si è con le spalle al muro è un atteggiamento che dobbiamo comprendere.
Tutto semplice e lineare, ma purtroppo falso. Chiunque studi un po’ di storia del vicino Oriente in forma non superficiale (diciamo non da Wikipedia o da altre fonti disponibili in rete come mi pare abbia fatto il nostro concittadino Di Battista) sa bene che l’attuale conformazione geopolitica dell’area è il frutto di alcuni fattori ben noti. Con la fine della Grande Guerra e il dissolvimento dell’impero ottomano le grandi potenze dell’epoca, e in particolare Gran Bretagna, Francia e Russia sovietica, avevano ridisegnato le carte geografiche compiendo certamente un atto di tardo-colonialismo, che tuttavia si sposava con le aspirazioni di ampi settori dei notabilati locali che qua e là venivano elevati al rango di monarchi e regnanti. Maturava in quegli anni la problematica collocazione di una nuova minoranza ebraica cui si era prospettata la possibilità di creare un “focolare nazionale” in Palestina, ma l’ineluttabilità dello scontro era ed è storicamente tutta da dimostrare. Anche all’epoca erano ben presenti e attive forze dialoganti che ipotizzavano una concreta convivenza. Le grandi famiglie che dominavano le società locali a Gerusalemme come a Baghdad, al Cairo come a Damasco o a Beirut erano parti in causa di cui le potenze neocoloniali tenevano gran conto: l’idea che i cattivi occidentali abbiano imposto una loro visione del mondo con la forza bruta, e che le popolazioni locali abbiano subito passivamente questa imposizione e queste violenze, fa pienamente parte di una visione del mondo terzomondista e fondamentalmente razzista (perché sostiene che in fondo le popolazioni “colonizzate” siano effettivamente inferiori e che “noi occidentali” – essendo superiori – abbiamo la responsabilità di donare loro la libertà) che non ha rispondenza con la realtà. I popoli mediorientali non sono estranei a una storia imposta dal vincitore, ma ne sono protagonisti, nel bene e nel male.
La seconda questione sollevata nelle tesi di Di Battista riguarda le responsabilità degli Stati Uniti, e anche qui la conoscenza della storia fa difetto: gli Stati Uniti hanno iniziato concretamente ad occuparsi di Medio Oriente dopo la metà degli anni ’60 (prima utilizzavano le grandi compagnie petrolifere private), e forse questo è il loro maggior difetto: lo conoscono da troppo poco tempo e in maniera superficiale, il che li porta a condurre politiche spesso poco coerenti e contraddittorie. È sotto gli occhi di tutti la confusione attuale che vede gli Stati Uniti impegnati nel sostegno militare (controvoglia) a Israele contro Hamas, e nel medesimo tempo coinvolti in combattimenti in Iraq contro l’ISIL trovandosi sostanzialmente dalla stessa parte di Bashir Assad (il macellaio di Damasco, massacratore con il gas di siriani e di palestinesi, che solo un anno fa doveva essere bombardato) e degli iraniani (arcinemici, ma al momento interessati a contenere l’estremismo sunnita). Così danno le armi ai curdi, che però devono essere trattenuti dall’esprimere un vero nuovo stato nazionale (che era sul tavolo già nel 1922 ma che è stato cancellato da interessi diversi, quando francesi, inglesi e turchi non lo volevano) perché se no si aprirebbe un confronto non facile all’interno della NATO, perché la Turchia vede come il fumo negli occhi la nascita di un’entità sovrana curda quale che sia.
Veramente un bel pasticcio, in cui non si può in alcun modo affermare che le popolazioni locali mediorientali (e i notabilati che le governano) siano estranee: sono parti in causa, si muovono seguendo dinamiche proprie che seguono linee religiose, politiche, di interesse, familiari. Insomma, sono società complesse tutte da interpretare, e la semplice equazione Americano=cattivo=nascita del terrorismo non spiega veramente nulla nello specifico.
E qui veniamo all’ultima questione posta dal cittadino Di Battista: “il terrorismo è la sola arma concreta rimasta a chi si ribella”. Anche questo – ahimé – è falso. Lasciamo perdere il poveraccio che si carica di esplosivo e si fa martire facendosi esplodere fra la gente (lui in effetti è una vittima, lobotomizzato e indottrinato fino a considerare la morte di sé e degli altri come valore da perseguire). Ma il terrorismo (non il terrorista!) è un’arma a tutti gli effetti, uno strumento micidiale utilizzato in forma pianificata, professionale e razionale da potenze che godono di finanziamenti immensi, in totale spregio del valore della vita sia delle popolazioni “nemiche” sia dei propri civili in nome dei quali si dichiara di voler combattere. Capire questo è fondamentale per mettere in campo una politica estera efficace e credibile, che raggiunga risultati anche sul piano della pacificazione militare. Se una forza politica che ha aspirazioni di governo non capisce questo, diventa potenzialmente una forza pericolosa nel quadro della gestione dei rapporti internazionali dell’Italia e dell’Europa. Io credo che chi si occupa di politica estera a livello parlamentare dovrebbe farsi carico di un ruolo che va al di là dei pregiudizi ideologici (che traspaiono ad ogni parola del cittadino Di Battista) e che debba prendersi la responsabilità di studiare nel concreto le dinamiche di cui va a trattare: la sua politica estera, le sue proposte, riguarderanno anche me e il futuro dei miei figli, e non voglio che l’incompetenza e il pressapochismo trovino posto nelle aule di quel parlamento in cui si decide concretamente come ci comporteremo in futuro in un mondo che va rapidamente cambiando.
Gadi Luzzatto Voghera, storico
(22 agosto 2014)