Qui Milano – Incontro con il padre di Iron Dome “Così abbiamo protetto Israele”
Un lungo e fragoroso applauso è risuonato ieri nell’aula magna della scuola ebraica di Milano. Una calorosa accoglienza per chi, con la sua Cupola di ferro, ha salvato e protetto migliaia di civili israeliani dai missili di Hamas. Un tributo a Danny Gold, il padre di Kippat Barzel, sofisticato sistema antimissile cui sbalorditiva efficacia ha permesso di ridurre al minimo i danni dei razzi sparati da Gaza nel corso dell’ultimo conflitto. Centinaia di persone hanno affollato la sala per ascoltare l’ideatore della Cupola di Ferro, in un evento organizzato dal Keren Hayesod, ente impegnato a sostenere Israele e a rafforzare i suoi legami con gli ebrei della diaspora. Sul palco Gold ha presentato con orgoglio quello che “in molti avevano bollato come fantascienza” e lui, assieme a un team di oltre 300 persone, è riuscito a rendere possibile. A fare gli onori di casa, Walker Meghnagi, presidente della Comunità ebraica di Milano, a cui è seguito il saluto del presidente di Keren Hayesod Italia Samy Blanga. Nel corso della serata, a cui ha partecipato il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Roberto Jarach, è stato presentato da Andrea Jarach la raccolta fondi del Keren Hayesod Italia per finanziare la creazione di rifugi mobili antimissile per la popolazione israeliana. Una testimonianza del lavoro svolto sul fronte della sicurezza e della collaborazione tra comunità della diaspora e Israele è stata portata da Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma.
“All’inizio ci sono stati molti ostacoli”, ammette Gold, raccontando il percorso con cui si è riusciti a creare un sistema che ha distrutto il 90% dei missili intercettati. “Fantascienza, dicevano. Tutte le menti ingegneristiche e scientifiche sostenevano che creare Iron Dome non era possibile. Troppo costoso, troppo lungo da realizzare”, lo scetticismo con cui venne accolta la proposta di Gold. A dargli fiducia, l’allora ministro della Difesa Amir Peretz, che lo mise a capo del dipartimento di Ricerca e Sviluppo del ministero della Difesa. “Cominciai a selezionare decine e decine di persone. Il team era costituito da oltre 300 persone. Capitava di veder discutere del progetto una ragazza di 25 anni con un uomo di 70 anni, tutti concentrati a lavorare insieme per raggiungere l’obiettivo”. Mesi intensi di lavoro che hanno portato alla realizzazione della Cupola di Ferro: un arsenale mobile fatto di un radar e di tre rampe che possono lanciare intercettatori e missili. Impressionanti le immagine mostrate da Gold di alcune intercettazioni. “Il sistema calcola dove andrà a finire il razzo per cui se non è diretto verso una zona abitata, il meccanismo di difesa non si innesca”. Vedere per credere. In un video, concluso con ovazione dei presenti, si vedono tre missili sparati da Gaza dirigersi verso il territorio israeliano. Due intercettatori partono per fermarli e uno di questi evita letteralmente uno dei tre missili e fa esplodere quello successivo. Il razzo evitato cadrà infatti in mare. “Oltre 4500 missili sono stati sparati da Gaza – ricorda Gold – Iron Dome ha permesso di ridurre, con un costo basso da sostenere (tra i 50mila e 100mila dollari), i danni a persone, abitazioni e infrastrutture. Ha permesso che le persone vivessero più tranquille e garantito l’economia israeliana da un possibile crollo dovuto al conflitto”. Tanti i progetti messi in campo dalla difesa israeliana per continuare a proteggere i suoi civili. Oltre ad Iron Dome, spiega Gold, si stanno progettando dei sistemi di difesa che difendano l’intero territorio nazionale (Kippat Barzel funziona infatti in un’area circoscritta), e, vista la minaccia iraniana, che siano in grado di intercettare con largo anticipo un eventuale minaccia nucleare. Il presente e il futuro, in questo campo e non solo, è l’high tech. Telecamere serpente che strisciano e controllano dal basso il campo, macchine telecomandate che ispezionano edifici e tunnel, radar per visualizzare i cunicoli sotterranei. Nuovi strumenti per difendere Israele e la sua sicurezza, con la consapevolezza di dover tenere sempre alta la guardia, sottolinea Gold. “Anche loro (i terroristi) diventeranno più sofisticati, già adesso usano ogni stratagemma per nascondere da dove sparano i missili”. Un esempio, un razzo lanciato dal quarto piano di una casa, al primo famiglie di civile usate come scudo umano. E ancora lanciarazzi camuffati nei camion o nascosti sottoterra. “Il 72% dei missili sparati nell’ultimo conflitto da Gaza erano indirizzati fuori bersaglio”. Una fortuna ma da tenere in conto possibili migliorie anche sul fronte dei terroristi, che già hanno a disposizione missili di fabbricazione iraniana capaci di raggiungere Tel Aviv e il nord di Israele. Dopo la Cupola di Ferro, continua dunque l’impegno di Gold e dei ricercatori israeliani per sventare future minacce.
Daniel Reichel
(11 settembre 2014)