Qui Roma – Cento anni dell’Oratorio Di Castro
L’interpretazione romana della quindicesima Giornata Europea di Cultura Ebraica, questa volta ha avuto un baricentro leggermente diverso: uscendo dall’antico Ghetto, salutando Largo Argentina, facendo una breve apparizione a Piazza Venezia e percorrendo via Nazionale, un tempo meta prediletta per lo shopping, si arriva da lei, l’altra sinagoga, che sorge nel cuore di una Roma maestosa. Cosa c’è di diverso in questo anno, rispetto agli altri anni, ci si potrebbe chiedere ricalcando le domande del Seder di Pesach. Nel 2014, l’altra sinagoga, l’Oratorio Di Castro o, come lo conoscono i più, il Tempio di via Balbo, compie cento anni. Spegne cento candeline con la consapevolezza di essere da sempre qualcosa di diverso dal fratello del Portico d’Ottavia, il Tempio Maggiore.
Per celebrarlo, la Giornata della Cultura ha deciso di fare i bagagli e animarlo fin dalla mattina, in una domenica di convegni, mostre e concerti. Durante la celebrazione del centenario, insieme a una moltitudine di affezionati, arrivano anche il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici e il rabbino capo Riccardo Di Segni. Pacifici fa il punto della situazione attuale: “Due mesi fa è stata aperta la diciottesima sinagoga romana, questo è un chiaro segno che indica dove stiamo andando. In questa Giornata della Cultura un pensiero va certamente al Museo Ebraico di Bruxelles che proprio oggi riapre dopo il terribile attentato”. Interviene poi rav Di Segni: “Il Tempio di via Balbo è sempre stato qualcosa di diverso da quello Maggiore. In qualche modo tutto ciò che non poteva essere fatto nell’uno si faceva nell’altro. Due sinagoghe in dialogo tra loro, che si armonizzano.” Da sempre hanno avuto un canale di comunicazione speciale, una connessione: “Quando nel 1982 ci fu l’attentato al Tempio Maggiore -continua il rav-al Tempio di via Balbo cadde un calcinaccio dal soffitto. Un segno?” La berachà di Shecheianu, intonata dal colonnello Shai Abramson, risuona lasciando attoniti gli astanti. L’Oratorio di Castro è ufficialmente centenario, ma non ha perso il suo smalto e i colori delle decorazioni brillano più che mai. In occasione del compleanno da ricordare, è stato pubblicato il volume L’Oratorio Di Castro. Cento anni di ebraismo a Roma (1914-2014), curato da Claudio Procaccia (ed. Gangemi), presentato ieri la professoressa Francesca Sofia e la storica Anna Foa. “Quella nella quale ci troviamo oggi è la sinagoga dell’emancipazione, l’uscita ufficiale dal ghetto. Ma è anche la sinagoga dell’accoglienza che ha ospitato il Centro Giovanile Ebraico, sorto grazie alla Brigata Ebraica, la redazione del giornale Israel ed è diventata una seconda casa per gli ebrei libici giunti nella capitale. Io stessa, che abito proprio qui vicino, quando vedo dei turisti camminare sperduti il venerdì sera capisco che cercano di raggiungere il Tempio di via Balbo” racconta Sofia. Anna Foa si concentra invece sul fascino che risiede nell’esistenza e coesistenza di due sinagoghe come quello Maggiore e l’Oratorio Di Castro: “La duplicità è interessante, via Balbo doveva essere ed è stata in parte la sinagoga dell’emancipazione, eppure il Tempio Maggiore ha continuato a mostrarsi come un punto di riferimento. Mentre tutte le comunità italiane uscivano dal ghetto e costruivano luoghi di culto fuori da questi, Roma si è sdoppiata ed è rimasta un unicum”. Via Balbo è l’altra, lo specchio nel quale riflettere su se stessi, il punto migliore per guardare se stessi. Non è fuori e neppure dentro e proprio per questo è disposta alle sfide, alle novità.
Per celebrarlo, la Giornata della Cultura ha deciso di fare i bagagli e animarlo fin dalla mattina, in una domenica di convegni, mostre e concerti. Durante la celebrazione del centenario, insieme a una moltitudine di affezionati, arrivano anche il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici e il rabbino capo Riccardo Di Segni. Pacifici fa il punto della situazione attuale: “Due mesi fa è stata aperta la diciottesima sinagoga romana, questo è un chiaro segno che indica dove stiamo andando. In questa Giornata della Cultura un pensiero va certamente al Museo Ebraico di Bruxelles che proprio oggi riapre dopo il terribile attentato”. Interviene poi rav Di Segni: “Il Tempio di via Balbo è sempre stato qualcosa di diverso da quello Maggiore. In qualche modo tutto ciò che non poteva essere fatto nell’uno si faceva nell’altro. Due sinagoghe in dialogo tra loro, che si armonizzano.” Da sempre hanno avuto un canale di comunicazione speciale, una connessione: “Quando nel 1982 ci fu l’attentato al Tempio Maggiore -continua il rav-al Tempio di via Balbo cadde un calcinaccio dal soffitto. Un segno?” La berachà di Shecheianu, intonata dal colonnello Shai Abramson, risuona lasciando attoniti gli astanti. L’Oratorio di Castro è ufficialmente centenario, ma non ha perso il suo smalto e i colori delle decorazioni brillano più che mai. In occasione del compleanno da ricordare, è stato pubblicato il volume L’Oratorio Di Castro. Cento anni di ebraismo a Roma (1914-2014), curato da Claudio Procaccia (ed. Gangemi), presentato ieri la professoressa Francesca Sofia e la storica Anna Foa. “Quella nella quale ci troviamo oggi è la sinagoga dell’emancipazione, l’uscita ufficiale dal ghetto. Ma è anche la sinagoga dell’accoglienza che ha ospitato il Centro Giovanile Ebraico, sorto grazie alla Brigata Ebraica, la redazione del giornale Israel ed è diventata una seconda casa per gli ebrei libici giunti nella capitale. Io stessa, che abito proprio qui vicino, quando vedo dei turisti camminare sperduti il venerdì sera capisco che cercano di raggiungere il Tempio di via Balbo” racconta Sofia. Anna Foa si concentra invece sul fascino che risiede nell’esistenza e coesistenza di due sinagoghe come quello Maggiore e l’Oratorio Di Castro: “La duplicità è interessante, via Balbo doveva essere ed è stata in parte la sinagoga dell’emancipazione, eppure il Tempio Maggiore ha continuato a mostrarsi come un punto di riferimento. Mentre tutte le comunità italiane uscivano dal ghetto e costruivano luoghi di culto fuori da questi, Roma si è sdoppiata ed è rimasta un unicum”. Via Balbo è l’altra, lo specchio nel quale riflettere su se stessi, il punto migliore per guardare se stessi. Non è fuori e neppure dentro e proprio per questo è disposta alle sfide, alle novità.
Rachel Silvera twitter @rsilveramoked
(15 settembre 2014)