Periscopio – Pubblicità
Lunedì scorso, 15 settembre, godendomi un meritato momento di relax dopo il lavoro, comodamente adagiato sul divano, ho preso a sfogliare il quotidiano la Repubblica, che acquisto di tanto in tanto. Purtroppo il relax si è rapidamente trasformato in dolore e raccapriccio, perché le prime pagine del giornale (segnatamente, parte della prima, e poi la seconda, la terza, la quarta, la sesta e la settima, essendo la quinta dedicata a un’inserzione pubblicitaria) erano tutte dedicate agli sgozzamenti da parte dell’ISIS e ai vari progetti di interventi militari annunciati dalle potenze occidentali, nonché dai Paesi arabi minacciati. Il fatto che ben sei pagine e mezzo delle prime utili fossero dedicate a questo argomento mi ha dato l’idea della gravità della situazione, facendomi tornare ai tempi delle Torri gemelle o cose del genere. Naturalmente, essendo io fatto, oltre che – spero – di cervello, anche di carne e sangue, sentivo in me crescere la frustrazione, la rabbia, il senso di impotenza per dovere assistere impotente a queste tanto efferate esibizioni di sadica crudeltà, ed è montato in me un legittimo desiderio di risposta, di rivalsa. Alla mia età, ormai, non si spera più nell’arrivo della cavalleria, ma, insomma, mi chiedevo, quando mai il mondo si muoverà per fare qualcosa?
Arrivato a pagina sei, quando già in me gli intenti bellicosi erano ben lievitati, a esaltarli ulteriormente sono intervenute tre suggestive immagini a colori. Nella prima si vedeva un pilota militare col casco che, col braccio proteso in avanti, sembrava dare il via libera a un potente caccia americano (così diceva la didascalia) sulla pista di una portaerei. Finalmente, mi sono detto, si sono svegliati, presto arriveranno “i nostri”! Nella seconda foto, di vedevano invece due miliziani jihadisti dell’Esercito dello Stato Islamico, in piedi su quello che sembrava un carro armato o un blindato militare, e davanti a loro un signore con una tunica chiara e il volto velato, che sventolava una bandiera nera con dei caratteri arabi. Questi, ho pensato, sono i cattivi, presto gli saremo addosso (non sono particolarmente pacifista, soprattutto di questi tempi). Ma quella che mi ha colpito più di tutte le altre – quando ero già all’acme della mia eccitazione militaresca – è stata la terza foto, di gran lunga la più bella e grande, nella quale mi è parso di vedere lo stesso pilota col casco della prima foto (non era vero, ma così mi era sembrato), evidentemente alla guida del suo veicolo, col capo alzato verso il cielo, dove svettavano ben altri tre caccia in missione, evidentemente i compagni di squadra. Che bello, ho pensato, evviva, finalmente ci siamo levati in volo contro il nemico!
Proprio mentre, però, ormai appagato, stavo per scivolare in una breve pennichella, ho dato un distratto sguardo a quello che mi era sembrato, ormai nel dormiveglia, un articolo di commento alla terza foto. Cosa diceva? Il contenuto mi è parso un po’ strano, tanto che, per capirlo, mi sono imposto di svegliarmi, e di rileggerlo. Il testo era questo: “Nel cuore delle imprese più rischiose ci sono piloti eccezionali, per i quali l’avventura è un’esperienza quotidiana. Uomini che affidano la loro sicurezza unicamente agli strumenti più efficienti. Nel cuore delle imprese più rischiose c’è l’Avenger di Breitling, sintesi di potenza, precisione e funzionalità…”, e così avanti, per un’altra decina di righe.
Meno male, ho pensato, che ci sono questi uomini eccezionali, che ci proteggono dai cattivi, chi sa che un giorno non potrò anche io essere uno di loro. Mentre mi avviavo finalmente, rassicurato, a chiudere gli occhi, mi è venuto un orribile dubbio: e se quella che avevo letto non fosse altro che una pubblicità? Ho guardato meglio la foto: sulla pancia dei caccia, in effetti, era evidenziata la scritta “Breitling”. Possibile che “la Repubblica”, un giornale così serio, si sia abbassata a inserire una pubblicità incorporandola nell’impaginato, come se fosse parte integrante dell’informazione? O che, addirittura, abbia concordato con gli inserzionisti le foto da collegare agli articoli, in modo da fare apparire la pubblicità una logica prosecuzione di questi? O, addirittura di addirittura, che abbia volutamente accentuato e calibrato l’informazione, in funzione delle esigenze della Breitling? Ma poi, questa Breitling, che ditta è? Cosa vende? Caccia? Difficile, mi sono detto, i caccia costano troppo, non hanno tanti acquirenti. Più probabilmente, si tratta di una marca di orologi, dato che proprio un orologio fa bella mostra di sé, in primo piano, davanti al “pilota eccezionale”.
Ma ho poi pensato che i miei sospetti erano semplicemente assurdi. Anche perché la Breitling, e la Repubblica, non correrebbero mai il rischio che qualche jihadista, conquistato dalla pubblicità, si faccia fotografare con un bel Breitling al polso.
Francesco Lucrezi, storico
(17 settembre 2014)