… referendum
Giornata decisiva per i 6.000 ebrei e gli altri 5,3 milioni di abitanti della Scozia. L’esito del referendum per l’indipendenza si saprà solo alla fine dello scrutinio dell’ultimo dei seggi elettorali. A priori, dal punto di vista dell’esperienza storica delle comunità ebraiche nel mondo, si può dire con certezza questo. Quando e dove nella società generale di un paese ha predominato una sufficiente apertura al pluralismo delle idee e delle culture, anche gli ebrei hanno trovato i loro spazi per una decente presenza comunitaria e socioeconomica, e a volte anche per una crescita demografica. Quando e dove invece ha predominato il monolitismo nazionalista o clericale, per gli ebrei sono stati tempi duri, e le comunità, con le buone o con le cattive, sono diminuite. Da qui è possibile presumere che il voto dei non molti (e certo poco decisivi) elettori ebrei in Scozia sia andato in misura predominante a favore della permanenza dell’unione con l’Inghilterra, così come era avvenuto in occasione del tentativo non riuscito di secessione del Quebec dal Canada. Ma l’importanza del voto in Scozia trascende ovviamente i limiti della Gran Bretagna e si pone come un test per molte altre situazioni europee di diversità e di tensione etnica o religiosa che attendono in agguato la loro ora: i Fiamminghi e i Valloni, i Catalani e i Baschi, per non parlare dei Corsi e dei Padani. D’altra parte abbiamo visto che cosa succede agli autonomisti Russi in Ukraina. Prima di dichiarare l’inizio della Primavera Europea, forse è meglio attendere.
Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme
(18 settembre 2014)