Lo shabbat di Porta Pia
Oggi, 24 Elul, ma di 144 anni or sono, le truppe italiane facevano breccia a Porta Pia liberando Roma che a breve sarebbe divenuta ufficialmente Capitale d’Italia.
È naturale come il 20 settembre sia una data cardine anche per l’ebraismo italiano che ebbe quale protagonista di quella memorabile giornata, forse per aggirare la minacciata scomunica papalina, il colonnello ebreo Giacomo Segre (z.l.) al quale venne demandato di ordinare l’apertura del fuoco contro le mura dello Stato pontificio. Calandosi in quel momento storico una grande e doppia soddisfazione, tenuto conto che alla presa di Roma conseguì di fatto anche la fine del ghetto della città.
Non è nostalgismo celebrare quella che è divenuta la data simbolo italiana del principio di laicità che permeò, nelle sue varie correnti, il Risorgimento italiano.
Ma vi è ancora molto da fare per affermare, anche in questo paese, una vera laicità che non è “antireligiosità”, come qualcuno strumentalmente asserisce, ma al contrario garanzia della libertà di tutti verso tutti, vari credenti e non credenti compresi, uniti nel comune rispetto delle leggi civili.
Pure il mondo ebraico italiano, a parere di chi scrive, dovrebbe quindi adoperarsi maggiormente e con più coraggio per affermare i valori laici, ma la cronaca internazionale di questi giorni , con l’evidenza del fanatismo integralista decapitatore e di quello ancor più subdolo che si maschera e si cela anche nelle democrazie occidentali, dovrebbe indurre ulteriormente a rafforzare il principio di laicità quale idoneo ad affrontare nel reciproco rispetto i problemi della convivenza tra cittadini diversi, costituendo così l’argine al dilagare dei fondamentalismi che ci minacciano.
Contando, per tornare alla cronaca del 5630/1870, che le operazioni militari e diplomatiche si conclusero nella tarda serata, di buon grado pertanto Shabbat Porta Pia.
Shalom a tutti.
Gadi Polacco
(19 settembre 2014)