Storie – Il ritorno del Memoriale
Quando il 13 aprile del 1980 ad Auschwitz, nel Blocco 21, venne inaugurato il Memoriale degli italiani deportati nei campi di sterminio nazisti, una grande installazione artistica voluta dall’Aned, l’associazione nazionale degli ex deportati, e realizzata dallo studio di architettura BBPR di Milano, nessuno avrebbe pensato che un giorno quello straordinario monumento sarebbe stato sfrattato.
Negli ultimi anni, però, le autorità polacche hanno trasformato i padiglioni di Auschwitz in un grande museo e hanno fatto sapere all’Italia che se entro il 30 novembre il nostro Paese non adotterà un allestimento museale simile a quello degli altri padiglioni, il Memoriale verrà smantellato.
L’ultima speranza è quella di un intervento del governo italiano. Secondo il quotidiano Repubblica, il ministro della Cultura Dario Franceschini è al lavoro per salvare il monumento e avrebbe assicurato che un fondo della Presidenza del consiglio coprirà i costi di trasporto, ricostruzione e restauro, pari a circa 100 mila euro.
Resta da individuare il luogo di esposizione dell’opera d’arte. La Regione Toscana si è candidata ad ospitarla e proprio oggi un tavolo tecnico deciderà una rosa di proposte di location da presentare al ministro.
Il progetto architettonico del Memoriale, a forma di spirale ad elica, fu ideato dallo studio di architettura milanese BBPR (Banfi, Belgiojoso, Peressutti, Rogers) e aveva l’obiettivo di “ricreare allusivamente un’atmosfera di incubo, l’incubo del deportato straziato fra la quasi certezza della morte e la tenue speranza della sopravvivenza”. La stesura del testo illustrativo fu affidata a Primo Levi, il progetto artistico fu realizzato dal pittore siciliano Pupino Samonà, la regia fu curata da Nelo Risi e infine il musicista Luigi Nono concesse l’utilizzo del suo brano “Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz”.
Salvare quell’opera d’arte è un dovere del nostro Stato. Per anni i governi italiani, di ogni colore politico, si sono disinteressati del Memoriale, lasciandolo in stato di abbandono. Ora forse si potrà porre rimedio a quella vergognosa indifferenza. Finalmente.
Mario Avagliano
(23 settembre 2014)