Rosh Hashanah 5775 – “Dalla Torah,
le risposte alle inquietudini del presente”

momiglianoÈ noto a tutti l’uso di iniziare la cena di Rosh Hahshanah con la mela intinta nel miele quale “siman tov”, cioè segno di buon augurio per il nuovo anno, accompagnato dalla formula di preghiera: “Ti sia gradito, Signore nostro D.O e D.O dei nostri padri, di rinnovare per noi un anno buono e dolce”. Possiamo però chiederci, se il motivo di questo segno di buon augurio è dato dal gusto dolce, che necessità ci sia di aggiungere il miele, dal momento che le mela stessa è già, generalmente, di gusto piacevole. Una spiegazione che possiamo dare è legata al fatto che la mela e il miele rappresentano due diverse categorie del gusto dolce; infatti la mela è  di gusto gradevole come propria caratteristica originale, il miele invece viene elaborato dalle api che rappresentano, con il loro pungiglione pronto a pungere, un pericolo, qualcosa tutt’altro che piacevole a provarsi. Fuori di metafora, la mela ricorda quindi tutto ciò che si presenta nella nostra vita come qualcosa che è già buono, i momenti sereni, gli obiettivi onesti che riusciamo a raggiungere, i rapporti positivi che instauriamo con le altre persone. Non sempre, come ben sappiamo, le cose filano così lisce; per arrivare al miele bisogna saper affrontare qualche pungiglione: il miele rappresenta quindi tutte le cose belle, le realizzazioni significative, i traguardi importanti, i valori sinceri, gli affetti, i legami della nostra vita che realizziamo dopo aver superato difficoltà, scontato gli errori, conosciuto esperienze di dolore e sofferenza ed essere riusciti a superare tutto ciò: rialzarsi, capire e ripartire con fiducia. Considerando i tanti momenti angosciosi che abbiamo vissuto durante l’anno trascorso, l’augurio per l’anno “buono e dolce” è dunque che Ha kadosh Baruch Hu, ci dia veramente modo di “intingere la mela nel miele”, che, insieme ai bei doni della vita che sempre ci concede, ci aiuti affinché, anche da queste tristi esperienze, possiamo far scaturire realizzazioni positive, che ci dia la forza, il cuore, il discernimento per riscoprire nelle parole della Torah le risposte alle inquietudini del presente, per riconoscere noi stessi e per indicare all’umanità tutta, oggi così attonita e smarrita, la via per la quale si attua il richiamo “uvachartà bachaym” – ovvero – si sceglie la vita.
Tikhlè shanah vekilleloteha, tahel shanah uvirkhoteha. Finisca un anno con le sue sventure, inizi un anno con le sue benedizioni!

Giuseppe Momigliano, presidente Assemblea Rabbinica Italiana

(24 settembre 2014)