Nugae – La mattina dopo
Vorrei che la vita fosse sempre come la mattina dopo la festa. La mattina presto si intende, quando il sole sta ancora sorgendo, qualche bicchiere è rimasto sulla tovaglia ormai piena di chiazze e giustamente dormono ancora tutti tranne chi soffre – ma in questo caso anche un po’ gioisce – di insonnia mattutina. L’atmosfera è semibuia e silenziosa, l’aria ancora densa dei profumi della cena infinita da dopo kippur, il frigo riempito di meravigliosi avanzi perfetti per la colazione e l’animo dal calore della famiglia e della minestrina che impersona la velleità del tenersi leggeri dopo il digiuno in realtà già rotto con niente meno che brioches. Così sbocconcellando la meravigliosa torta al cioccolato coi lamponi portata dagli zii, il mondo appare un posto quieto e sicuro, e decisamente dolce. Quello che succederà tra un paio d’ore, quando la città si sveglierà, le macchine cominceranno a rimepire le strade, i cani i parchi, le parole i telefoni, le mamme indaffarate la cucina, sembra lontanissimo come in un quadro di Giotto con una prospettiva approssimativa ma rivoluzionaria, e il cervello troppo attivo per essere l’alba di domenica si persuade di potere affrontare tutto più facilmente. Ogni incombenza sembra più piccola da così lontano, alcuni dolori sembrano meno insormontabili, e quelli che invece lo sono davvero e non c’è niente da fare più profondi e chiari. In quella solitudine felice gli entusiasmi sono più genuini, e la rassegna stampa fresca fresca sembra un mare colorato di idee. In quella coscienza assonnata gli ideali sono più vivi, e un articolone sul femminismo ebraico sembra la nuova battaglia per cui vivere. Poi la mattina dopo la festa diventa il giorno dopo la festa, la realtà si palesa e niente sembra più così definito. Fino alla prossima festa.
Francesca Matalon, studentessa di lettere antiche twitter @MatalonF
(5 ottobre 2014)