Oltremare – La guerra del Kippur

fubiniFra i programmi tivù stagionali in Israele, ci sono i film documentario o docu-fiction sulle nostre innumerevoli guerre. Più di tutte le altre messe insieme, sulla guerra del Kippur. Prima di ogni Yom Hazikaron (il Memorial Day che gela il paese a poche ore dai festeggiamenti dell’Indipendenza), e di ogni Yom Kippur, la televisione passa un menù di storie di guerra da far impallidire anche i più intrepidi Minoli.
E siccome io, da nuova immigrata, ci ho messo i miei anni per poter capire i telegiornali e i programmi in ebraico, adesso quando ne ho il tempo me li sciroppo senza filtro e senza pietà. Non sono programmi da guardare con la ciotola di pop-corn e una birra ben fredda. Anche per chi l’ebraico non se lo guadagna parola per parola ogni giorno come me, sono pugni nello stomaco, che richiedono concentrazione e kleenex.
Ma nei giorni intorno a Yom Kippur tutti i mezzi di comunicazione fanno spazio per la guerra del 1973: non è solo la tivù. Chi non vive in Israele e non è immerso nella società che produce annualmente questo ritorno alla guerra che avrebbe davvero potuto spazzare via Israele a 25 anni dalla fondazione, potrebbe giudicare anche con durezza questo accostamento di sacro e profano, purificazione delle anime e memoria, per quando presente, di una tragedia nazionale. A volte il passaggio fra i due Yom Kippur è così improvviso, che si fatica a ricollocare intervistato ed intervistatore, rabbino e reduce, tempio e tank. A vedere giornali, programmi radio e docu-fiction in televisione, a quarantun anni da quell’ottobre una parte consistente di Israele non è ancora uscita dal Yom Kippur 1973.
Per fortuna invece uscire illesi dal Yom Kippur religioso, dopo il digiuno e il giudizio divino, è tutto sommato questione di ore: dopo 25 ore tutti a casa, a mangiare e a ritornare alla vita di tutti i giorni, un po’ più santi, un po’ più leggeri.

Daniela Fubini, Tel Aviv twitter @d_fubini

(6 ottobre 2014)