Periscopio – Nobel
Non ci si può che compiacere per la scelta dei vincitori dell’ultima edizione del Nobel per la Pace e la Letteratura, rispettivamente la pakistana Malala, l’indiano Kailash Satyarthi e il francese Patrick Modiano. Dei tre nomi, credo che la maggioranza del nostro pubblico – tra cui io stesso – conoscesse soltanto la giovanissima Malala, meritatamente assurta a simbolo della lotta universale per l’affermazione dei diritti negati dell’infanzia, contro tutte le forme di oscurantismo, oppressione, sfruttamento dei minori. Il messaggio del conferimento del premio è chiaro e forte: tutti i bambini e gli adolescenti hanno diritto a studiare e a formare in piena libertà la propria personalità, al riparo da ogni forma di violenza e coartazione. Confidiamo che Malala saprà essere all’altezza della sua nuova responsabilità, evitando di far strumentalizzare la sua immagine per fini ambigui. Ugualmente chiaro, forte e positivo il conferimento del premio a Satyarthi, da molti anni impegnato nel suo Paese per la tutela dei minori. È evidente che, nel conferimento del premio, i giurati hanno voluto accomunare i due grandi Paesi asiatici, storicamente rivali, come a significare che i diritti dell’infanzia vengono minacciati in entrambi, e in entrambi (come dovunque) devono essere difesi. Una scelta che appare saggia ed equilibrata, così come appare significativa la scelta di due esponenti di generazioni tanto distanti: una diciassettenne, in rappresentanza di tutte le giovani vittime, e un sessantenne, in rappresentanza del mondo degli adulti, spesso responsabili, o complici – per indifferenza, passività, ignavia – delle sopraffazioni.
Quanto a Patrick Modiano, il verdetto dell’Accademia non si è basato sulla mera considerazione del talento letterario dello scrittore, bensì, dichiaratamente, sul valore etico di testimonianza della sua opera, premiata “per l’arte della memoria con la quale ha evocato i destini umani più inafferrabili e scoperto il mondo dell’occupazione nazista”. Non sappiamo se, e in che misura, i giurati delle diverse categorie di premio abbiano modo di confrontarsi tra loro relativamente alle logiche sottostanti alla difficile scelta, ma ci pare evidente che anche questo conferito a Modiano sia, in una certa misura, una sorta di Premio Nobel per la Pace, nel momento che va a premiare l’opera di custodia e valorizzazione di quel valore essenziale e imprescindibile, altrettanto minacciato dei diritti dell’infanzia (e questo anche, e tantissimo, nel nostro Paese) che è la memoria. Non è la prima volta, d’altronde, che i Premi per la Pace e per la Letteratura sembrano “andare in parallelo”, o scambiarsi i ruoli, basti ricordare il Nobel della Letteratura conferito al politico Churchill, o quello della Pace attribuito allo scrittore Wiesel. Ed è normale che sia così, essendo la letteratura, da sempre, fondamentale veicolo di morale.
Vado, di corsa, a comprare i romanzi di Modiano, che non ho ancora letto. Con un pensiero triste e dolente alla sua grande collega, conterranea e correligionaria, Irène Némirovsky, le cui splendide pagine ebbero la stessa ambientazione di quelle di Modiano – la Francia occupata dai nazisti -, ma hanno potuto vedere la luce solo decenni dopo la morte dell’autrice, assassinata ad Auschwitz. Consideriamo questo importante riconoscimento un monito a ricordare ciò che è accaduto, e in particolare la sorte di tutti quei testimoni, grandi e piccoli, la cui voce è stata soffocata nel silenzio.
Francesco Lucrezi, storico
(15 ottobre 2014)