Attriti a Gerusalemme

rassegnaA quarantott’ore dal discorso in cui il presidente palestinese Abu Mazen a Ramallah ha invocato la “necessità di difendere il nostro santuario dalla dissacrazione compiuta dai coloni ebrei”, che ha paragonato a “mandrie di bestiame”, e dopo una manifestazione organizzata a Gaza da Hamas per “difendere Al Aqsa dalle minacce israeliane” (il leader di Hamas in esilio, Khaled Meshaal, si è spinto fino ad accusare il governo di Netanyahu di volersi “impossessare di Al Aqsa”) sono comparsi per la prima volta sul selciato di Gerusalemme dei graffiti che equiparano la svastica nazista alla stella di David. Maurizio Molinari (La Stampa) scrive che “La scelta di Autorita nazionale palestinese (Anp) e Hamas di aprire un fronte di attrito contro Israele sulla Spianata delle Moschee – che si trova sul Monte Moriah dove la Bibbia vuole che avvenne il sacrificio di Isacco e dove sorgeva il Tempio di Salomone distrutto dai romani nell’anno 70 – è evidenziata da settimane di scontri fra manifestanti e polizia, culminati mercoledì scorso in una battaglia che ha visto i palestinesi innalzare barricate e lanciare bottiglie incendiarie. Abu Mazen si è spinto fino a minacciare Israele di azioni legali internazionali”. All’origine dell’attuale contenzioso c’è il fatto che, da oltre un anno, piccoli gruppi di ebrei osservanti salgono due volte la settimana sull’Har Ha-Bait – il Monte del Tempio, luogo più sacro dell’ebraismo – protetti dagli agenti.

È in corso in questi giorni il Viaggio della Memoria che coinvolge 144 studenti di 24 scuole romane, accompagnate fra gli altri dal testimone Sami Modiano, dal direttore del Museo della Shoah Marcello Pezzetti, dal sindaco Ignazio Marino – che ha ricordato la deportazione di suo padre e sottolineato come “Quei nazionalismi che hanno portato alla tragedia della Shoah in forme diverse esistono ancora. A Birkenau e ad Auschwitz l’uomo ha perso il senso delle cose” – e dal presidente della Comunità ebraica romana. (Repubblica Roma)

A Roma, intanto, i ragazzi di diverse scuole cittadine sono impegnati nell’iniziativa curata da Adachiara Zevi: sono loro infatti a raccontare le storie dei deportati ricordati dalle “pietre d’inciampo” nel quartiere ebraico. Sono già state installate più di duecento stolpertsteine e gli studenti, prima di cimentarsi nelle visite guidate, hanno fatto ricerche sui deportati, interviste ai sopravvissuti e alle loro famiglie, ricordando così l’anniversario della razzia al Ghetto del 16 ottobre 1943, durante la quale furono deportate e avviate ai lager 1023 persone. (Il Messaggero Roma)

Yoram Gutgeld, consigliere economico del presidente del Consiglio Matteo Renzi, intervistato dal Corriere della sera  difende la manovra espansiva del governo e respinge le critiche sulle risorse limitate per gli incentivi, ricordando che non ci sarà “Nessuna penalizzazione perché ci sarà una clausola di salvaguardia”.

Sul Corriere Paolo Conti descrive la cerimonia di beatificazione di Paolo VI “un uomo che preferì la sostanza delle scelte ai protagonismi” e nel raccontare la “festa sobria” che si è tenuta ieri in piazza San Pietro ricorda il suo viaggio in Israele avvenuto nel 1964.

Mentre la politica si divide sul tema delle unioni tra persone dello stesso sesso e il primo ministro Matteo Renzi annuncia il prossimo orientamento dell’Italia sul modello tedesco da segnalare le rilevazioni a riguardo fatte dall’istituto Ipsos, di cui scrive oggi il Corriere. Il titolo dell’articolo, firmato dal sondaggista Nando Pagnoncelli, è “Unioni gay, sì da tre italiani su quattro. Sul matrimonio il consenso è del 35%”.

Wlodek Goldkorn sulla Repubblica intervista Amos Oz in occasione dell’uscita di “Giuda”, il suo ultimo libro – che in Italia è stato tradotto da Elena Loewenthal – e scrive “Il nuovo romanzo di Amos Oz è un capolavoro: per la padronanza della parola, per la maestria della sua architettura, per l’abilità di stimolare tutti i sensi del lettore, perfino l’olfatto (tra descrizioni del profumo di borotalco e di violetta dei protagonisti).” Oz riflette su problematiche “estreme e intime” come “il senso dell’esistenza dello Stato d’Israele”. Ma prima di tutto Giuda è un potente elogio del tradimento. “Perché – dice Amos Oz – solo chi tradisce, chi esce fuori dalle convenzioni della comunità cui appartiene, è capace di cambiare se stesso e il mondo”.

Da Gerusalemme su la Stampa Elena Loewenthal racconta come Big Bambù, l’installazione creata al Museo d’Israele da Doug e Mike Starn, permetta di scoprire un volto diverso della città. L’enorme struttura “non è tanto un’opera d’arte quanto una sfida al tempo fermo di Gerusalemme, alla sua natura di pietra, è l’ideale punto di partenza per un viaggio diverso dal solito nella città”.

E in Israele è polemica su una squadra di calcio araba che milita nella Premier League del campionato di calcio israeliano. Giocatori, dirigenti e presidente del Bnei Sakhnin prima del match di sabato contro l’Hapoel Tel Aviv hanno infatti reso omaggio ad un misterioso “finanziatore del Qatar” che ha versato 2 milioni di dollari nelle casse del club. È stato fatto il nome di Azmi Bishara, più volte deputato alla Knesset, che nel 2007 fuggì dallo Stato ebraico inseguito da un’indagine della polizia che lo accusava di aver ”spiato per conto di Hezbollah”. (La Stampa, Secolo XIX)

Il Secolo XIX segnala che il concorso di bellezza battezzato “Miss Hitler 2014” non ha avuto un grosso successo di partecipanti. Per partecipare alla competizione lanciata su Vkontakte, il Facebook russo basta essere donne, belle, detestare gli ebrei e postare un selfie sexy indossando uniformi delle SS o comunque che ricordino il Terzo Reich.

Su Le Monde diversi articoli si occupano del successo di “Le Suicide français”, saggio del polemista Eric Zemmour. Nicolas Truong, che spiega come il testo sia già stato studiato e analizzato e smontato da diversi storici del periodo di Vichy, si chiede di che cosa sia sintomo il successo di una tale pubblicazione.

Il Wall Street Journal, in un articolo intitolato “The Parliament of Palestine” scrive che “Il voto del Parlamento britannico che la scorsa settimana ha riconosciuto lo stato palestinese viene trattato come un non evento dai diplomatici sia a Londra che a Gerusalemme”. Spiega che più di metà del Parlamento in realtà si è astenuto, o non era presente, e che la risoluzione non avrà alcun effetto sulla posizione britannica che riconoscerà lo Stato di Palestina solo “in the context of an agreed two-state solution“ (nel contesto di un accordo sulla soluzione a due stati). L’articolo cita le posizioni di alcuni votanti commentando che si tratta di affermazioni particolarmente “disturbing” dopo un’estate piena di episodi antisemiti in Europa e si chiede quali siano le fonti di informazioni dei parlamentari britannici. La conclusione è che “È passato molto tempo da quando la voce della Gran Bretagna aveva un peso in Medio Oriente, cosa che potrebbe spiegare il ricorso a gesti senza significato. Peccato che anche quei gesti siano sbagliati”.

Ada Treves twitter @atrevesmoked

(20 ottobre 2014)