Shabbat, correzione individuale e responsabilità collettiva

locciRabbì Yochanan a nome di Rabbì Shimon bar Yochay disse: Se tutto Israele osservasse due Shabbatot secondo la Halakhà, sarebbero redenti immediatamente e che la fonte su cui si basa sono due versetti del Profeta Isaia (56:4 e 7): “Perché così dice l’Eterno a proposito di coloro che non possono generare ma osservano i miei Shabbat… Io li farò venire al monte a Me consacrato” (Talmud Shabbat 118b). Questo detto è molto noto ed è ricordato sempre quando si vuole porre l’accento sull’importanza dell’osservanza dello Shabbat. Non è altrettanto noto – o forse sì – che è preceduto da altri due detti: Rabbì Chyyà figlio di Abbà, a nome di Rabbì Yochanan, insegna che chiunque osservi lo Shabbat secondo la Halachà, persino se è idolatra come nella generazione di Enosh (quella del diluvio), gli viene perdonato; come è detto (Isaia 56, 2): “Felice l’uomo – Enosh che fa questo ed il figlio dell’uomo che persevera in questo; chi osserva lo Shabbat così da non profanarlo…; non leggere mechallelò – così da non profanarlo ma mechol lo – gli viene perdonato”. Disse Rav Yehudà a nome di Rav che se Israele avesse osservato il primo Shabbat, in essi non avrebbe dominato nazione o lingua; come è detto (Shemot 16:27): “Accadde che nel settimo giorno, qualcuno del popolo uscì a raccogliere (la manna) e non la trovarono”; e poi dopo è scritto (Shemot 17:8): “E giunse ‘Amaleq…”.
I tre insegnamenti, dunque, ci rivelano tre possibili conseguenze determinate dall’osservanza dello Shabbat: la possibilità per l’individuo di una Teshuvà continua che cancella anche l’idolatria; l’impossibilità dei nostri nemici di nuocerci contro o, per meglio dire, la possibilità di difenderci da loro; la redenzione messianica finale.
Il dono dello Shabbat, che comprende in se tutte le mitzwoth, consente quello che può considerarsi un vero e proprio percorso verso il nostro destino. La Melakhà, termine usato dalla Torà per definire tutti gli atti che costituiscono profanazione dello Shabbat, è l’azione con cui l’essere umano dimostra la sua qualità di essere intelligente che domina la natura. Questo dominio non è illecito ma può diventarlo se non si dimostra di essere capaci, per un giorno a settimana, di rinunciare a questa potenza. Senza questa rinuncia, si rimane inevitabilmente incatenati ai vincoli dell’idolatria che, a sua volta, comprende in se tutte le trasgressioni. L’osservanza dello Shabbat, da un lato ci permette di riconoscere che il vero creatore e trasformatore dell’Universo è un Altro, ma dall’altro ci fa riscoprire, insieme ai suoi limiti oggettivi, gli aspetti più profondi e più elevati della nostra natura umana, che liberata dai vincoli della necessità di intervenire sul mondo, si concentra sulla spiritualità. Lo Shabbat Project che ci apprestiamo, mi auguro in molti, a vivere assieme, rappresenta una buona occasione per iniziare a muoversi su un percorso di responsabilità collettiva, passando soprattutto per un’adeguata correzione della nostra condotta individuale.

Adolfo Locci, rabbino capo di Padova

(24 ottobre 2014)