…Tunisia
Tempo fa scrissi che se avessimo commentato in diretta la Rivoluzione francese ne avremmo decretato il fallimento a più riprese, visto l’esito totalitario degli anni appena successivi alla presa della Bastiglia. Il voto tunisino, con la vittoria del partito laico Nidaa Tounes, guidato dal politico di lungo corso Beji Caid Essebsi, ci ricorda come i giudizi debbano essere dati alla fine. La penetrazione di una logica democratica è dimostrata anche, bisogna riconoscerlo, dal riconoscimento della vittoria dei laici da parte di Ennhada. Un po’, si legge sui nostri manuali scolastici, come fece Togliatti nelle elezioni del 18 aprile 1948, dove rinunciò all’ortodossia leninista, che non riconosceva valore al voto della maggioranza. L’urna tunisina smentisce anche la presunta incompatibilità fra cultura islamica e democrazia, così come la Rerum novarum di Leone XIII dimostrò la possibilità di conciliare cultura cristiana e democrazia e allo stesso modo in cui lo ha dimostrato il mondo ebraico, visto assai con sospetto all’alba dell’esperienza democratica. E le parole sono sempre le stesse: come può una religione rinunciare alle pretese assolutiste ed accettare visioni altrui? Può. Ultimo insegnamento: dobbiamo forse abbandonare l’utopia di abbracciare tutto il reale con un’unica teoria: la Tunisia è diversa, per storia e quant’altro, dalla Siria e l’Egitto non c’entra nulla con Arabaia Saudita o Iraq. L’analisi, serve sempre l’analisi. È bene sospendere il giudizio, osservare ed essere pronti se le cose vanno male.
Davide Assael, ricercatore
(29 ottobre 2014)