distorsione…
Troppo spesso mi sento ribattere da persone non osservanti che sarebbe bene, nell’ambito dell’ebraismo italiano, essere più aperti verso le altre “specie” (parola pronunciata in ebraico “min”, espressione paradossale usata dal mio interlocutore) di “ebraismi” (per esempio “reform” e “conservative”), dal momento che la maggior parte del pubblico nelle nostre comunità è de facto lontano dalla completa osservanza della Halachà.
Oggi, molti gruppi ebraici reclamano il diritto di esercitare il loro giudizio nel determinare cosa debba essere l’Ebraismo contemporaneo, benché essi non studino, in modo sistematico e metodologicamente coerente, la Torah e il Talmud. Si discute sulla possibilità di riformare l’Ebraismo in linea con il mondo moderno.
Dobbiamo però essere consapevoli che c’è una grossa differenza tra un ebreo non osservante (come molti tra noi) e un “reform”: il primo riconosce (pur non osservandolo) il valore dell’ebraismo tradizionale come autentico; il secondo invece (sempre che sia ancora ebreo dal punto di vista della Halachà) riconosce come lecita la non osservanza di molte parti della tradizione e “santifica” la trasgressione (o la modifica) di molti principi fondamentali dell’ebraismo tradizionale.
I “reform” in sostanza differiscono dall’ebraismo tradizionale per il fatto di non considerare più come rivelata e quindi assolutamente vincolante la Tradizione Orale.
Il “reform” medio non si sente di accettare il metodo della rivelazione, della fede e dell’obbedienza alla Halachà per avvicinarsi alla volontà divina. La sua formazione culturale non tende ad un atteggiamento dottrinale tradizionale. Né egli è disposto a sacrificare la propria libertà sull’altare della fedeltà allo spirito dei Rabbini del passato.
Qui non è in discussione “l’evoluzione” della Torah Orale (la quale è sicuramente presente anche in ambito ortodosso ed è sicuramente contemplata nella metodologia dello studio della Halachà), ma piuttosto la rivelazione della Torah Orale. Quest’ultima, infatti, può essere considerata da due punti di vista, quello della fede e quello della storia. Fede è il rapporto con l’evento profetico di Moshe: tutta la Halachà è di Moshe dal Sinai. Storia, invece, è il rapporto con la data dei libri della letteratura rabbinica. Imprescindibile, quindi, per l’ebraismo tradizionale non è il fatto storico, ma il fatto teologico: tutta la Torah Orale è rivelata.
A mio parere, il tentativo di cambiare il modo di vivere ebraico, deforma il suo significato spirituale. Dobbiamo rimanere consapevoli che in quanto ebrei ci accostiamo alle leggi della Torah attraverso l’interpretazione e la saggezza dei Rabbini, senza i quali il testo della Torah è spesso inapplicabile. L’ebraismo si fonda su un minimo di Torah Scritta ed un massimo di Torah Orale; si fonda sull’osservanza della volontà di D-o attraverso l’interpretazione dei Maestri, per la quale, in particolare, dipendiamo dalla tradizione orale. La Torah Scritta rappresenta una sorta di appunto, di sintetica rivelazione di quella Orale e necessita quindi dell’integrazione di quest’ultima per poter rivelare i suoi contenuti. Sul Sinai abbiamo ricevuto sia il Testo (Torah Scritta), sia il metodo interpretativo per comprenderlo (Torah Orale); e i nostri Rabbini, che sono gli eredi dei Profeti e siedono sulla Cattedra di Moshé Rabbenu, ne interpretano e ne determinano il significato pratico (Halachà). La Halachà possiede un suo proprio approccio metodologico che può essere compreso unicamente da un “Poseq Halachà” in grado di padroneggiare sia la metodologia, sia il vasto materiale: la vastissima letteratura rabbinica. La Halachà possiede il suo proprio metodo di interpretazione e sviluppo e costituisce un sistema indipendente.
Quando la gente giudica la Halachà, mancando però di una conoscenza della metodologia interpretativa specifica che può essere acquisita solamente attraverso vasti studi, si limita ad applicare ragionamenti superficiali nel metodo e nei contenuti. Il significato della metodologia specifica dello studio della Halachà e il tema essenziale di ogni talmudista. Adattarlo alla cornice delle predilezioni intellettuali personali o delle mode correnti del nostro tempo equivale a distorcerlo.
Paolo Sciunnach, insegnante
(3 novembre 2014)