Bagnasco in Israele: “Il deserto non riuscirà a spezzare il fiore della vita”

rassegnaAllarmanti le notizie che arrivano dal Pakistan: una coppia di cristiani (Shahzad Masih e Shama Bibi) è stata torturata per due giorni e poi bruciata viva con l’accusa di blasfemia contro il Corano. A riportare la notizia, tra gli altri, Carlo Baroni del Corriere della Sera: “Nei giorni scorsi il padre di Shahzad era morto. Dopo il funerale i due giovani erano tornati nella sua casa. Per ripulirla e sistemarla. Dentro c’erano delle vecchie carte che, ormai, non servivano più – Shama aveva pensato di bruciarle, facendone un piccolo rogo nel cortile. Un uomo che assisteva alla scena giurava di aver visto tra quei fogli anche alcune pagine del Corano. Abbastanza per essere accusati di blasfemia. Senza stare a verificare se il testimone fosse attendibile. Una colpa che aveva già causato la morte di altri cristiani in Pakistan”.
Il tema della libertà religiosa torna su Avvenire che presenta il rapporto redatto dall’Acs, la fondazione della chiesa che ha analizzato il grado di libertà di professare la propria fede in 196 paesi, lanciando un campanello d’allarme, come titola il quotidiano: “Sempre meno, sempre peggio”.

Maurizio Molinari racconta su La Stampa il viaggio di Angelo Bagnasco, presidente del Cei, la Conferenza episcopale italiana, a Sderot e nella Striscia di Gaza. “A Gaza – spiega Bagnasco – ho trovato un paese molto provato ma anche della gente decisa a ricostruire una vita migliore”. Interrogato su quali siano i rapporti tra la Chiesa e Hamas risponde: “Il nostro compito è far prevalere i moderati a scapito degli estremisti, negli opposti campi. L’incontro avvenuto in Vaticano fra il Santo Padre e i presidenti di Israele e Palestina ha trasmesso un messaggio di pace, dialogo e moderazione che molti vogliono raccogliere. Domani porterò al Santo Padre la parola di questi popoli, che hanno avuto grande conforto dalla sua recente visita in Terrasanta”. Conclude poi con un pensiero su Sderot, la città israeliana più colpita dai razzi: “Questo nostro viaggio è stato un pellegrinaggio attraverso un calvario che prosegue, quello di Cristo attraverso tutte queste terre. Restiamo convinti che il deserto non riuscirà a spezzare il fiore della vita”.

“Aggiudicata la gara per la realizzazione per la realizzazione del museo della Shoah”, così annuncia l’edizione romana del Messaggero con un commento dell’assessore Paolo Masini: “Il nostro impegno è quello di accelerare i passaggi per l’avvio dei lavori in coincidenza con la commemorazione del 27 gennaio, mentre sotto il profilo della legalità, in collaborazione con il prefetto, manterremo alta la vigilanza sulla correttezza di tutti i passaggi e sul sistema dei subappalti”. A dare la notizia anche la Repubblica Roma: “Sarà un consorzio guidato dal costruttore Cerasi a realizzare il Museo della Shoah di Villa Torlonia: ieri l’apertura delle buste per la gara d’appalto a cui hanno partecipato 24 aziende. Il vincitore ha offerto 13 milioni e 299 mila euro”.

A farci sbirciare dentro al Museo della storia degli ebrei polacchi aperto a Varsavia, Timothy Garton Ash che su Repubblica scrive: “Al museo si entra serpeggiando lungo una sorta di gigantesco canyon in pietra color sabbia, che nelle intenzioni dell’architetto richiama la divisione delle acque del Mar Rosso. Discesa una scala di marmo a spirale si è accolti da una esposizione multimediale che documenta mille anni di storia della comunità ebrea polacca. L’Olocausto è presente, mi sembra chiaro, ma la storia non inizia e finisce con l’Olocausto”. Ricorda poi un episodio: “In vista del mio primo viaggio in Polonia, 35 anni fa, andai in una piccola libreria in centro a Londra a comprare dei libri sulla mia destinazione. ‘Perché diamine vuole andare laggiù?’, mi chiese il libraio e poi citò in Yiddish un detto di sua madre, ebrea polacca, che, tradotto, suona: Perché vuoi andare nella terra maledetta?”. Ora, spiega Garton Ash, dopo anni di persecuzioni, questa terra non è più maledetta e gli ebrei potranno continuare la scrivere la propria storia.

Sempre su Repubblica, Gad Lerner racconta il dramma delle persone scampate dal pericolo Isis che hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni per trovare rifugio altrove. “Insieme alla portavoce italiana dell’Unhcr (l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati), Carlotta Sami, atterriamo a oriente di Mosul di soli cinquanta chilometri, rassicurati dal ritrovarci nell’unica regione irachena in cui vige tuttora il rispetto dei diritti umani. L’estate scorsa, in meno di tre settimane, il Kurdistan iracheno si è visto arrivare in casa più di 800 mila disperati da dissetare (siamo in mezzo al deserto), sfamare, risanare. Faceva un caldo terribile, così come ora fa freddo. Ai profughi iracheni – un mosaico di etnie, lingue e confessioni religiose diverse – si aggiungono 220mila transfughi siriani. Gli ultimi sono quelli scappati da Kobane, passando dalla Turchia”.

Il Corriere della Sera ritorna sulla questione Palatucci e sugli aiuti offerti agli ebrei durante la persecuzione nazista. Sergio Romano, alla domanda “è possibile che, oltre a Palatucci, altre figure altre figure con incarichi di Stato importanti si siano rese protagoniste di atti eroici negli anni delle persecuzioni razziali?”, risponde: “Sono certo che molte persone hanno silenziosamente aiutato gli ebrei ogniqualvolta potevano farlo senza mettere a repentaglio la propria vita. Ma il caso di Palatucci è diverso. Fu deportato a Dachau dove una targa, nella Stanza della Memoria, ricorda la sua morte, due mesi prima dell’arrivo delle truppe americane nell’aprile del 1945″.

La Comunità ebraica di Venezia ha espresso la propria solidarietà alle comunità Copta Ortodossa e Islamica per le offese subite. Il Corriere Veneto ha riportato infatti che: “nella notte di domenica a Marghera era stata imbrattata la moschea di via Moranzani, qualche ora prima una pesante offesa era stata vergata sulla chiesta Copta Ortodossa di Campalto”.

Dal Corriere del Trentino, la rassicurazione dell’assessore Sara Ferrari: “Confermato il treno della memoria”. Ferrari spiega: “Abbiamo già sottoscritto un accordo con Bolzano: l’iniziativa l’organizzeranno loro, ma vi parteciperemo assieme (…) In questo modo, tutti i nostri ragazzi potranno visitare i luoghi della strage condotta dai nazisti ai danni degli ebrei in occasione della giornata della memoria, il 27 gennaio”.

Diverse testate riportano la notizia di sport che ha indignato Israele: lunedì scorso durante il match tra Maccabi Tel Aviv e Hapoel Tel Aviv, un tifoso è sceso in campo e ha aggredito il calciatore Eran Zahavi. Scrive il Corriere dello Sport: “Colpito con calci e pugni dopo avere realizzato su rigore il gol del pareggio, il centrocampista ha cercato di difendersi ma è stato espulso per condotta violenta. Circostanza che ha scatenato la reazione dei sostenitori del Maccabi i quali hanno invaso il campo determinando la sospensione della gara al 34′ del primo tempo sull’1-1″.

Dalla stampa estera: su International New York Times un ricordo vivo di Anna Frank, rievocata con piccoli particolari toccanti e la situazione delle minoranze etniche a Mosca, dopo una pubblicazione che ha scatenato la polemica. Sul Financial Times David Gardner analizza gli equilibri tra Giordania e Israele e viene presentata un’intervista al sindaco di Gerusalemme Nir Barkat che ha dichiarato: “La maggior parte dei palestinesi non vogliono vivere in Palestina”.

Rachel Silvera twitter @rsilveramoked

(5 novembre 2014)