J-Ciak Exodus Reloaded
Lacrime, sorrisi, speranza: la saga di “Exodus” è di quelle che non si scordano. Sì, a rivederlo oggi il film di Otto Preminger mostra il segno degli anni. Ma la potenza di quell’epopea cinematografica, che allora influenzò nel profondo l’opinione pubblica mondiale e perfino i rapporti tra Stati Uniti e Israele – è innegabile. A consegnarci un quadro meno romanzato dei fatti – il film di Preminger si basava di fatto su un best seller di Leon Uris – è ora in arrivo un’altra versione assai più realistica, prodotta da Crystal City Entertainment in collaborazione con Chris Columbus, fondata sulle memorie del giovane pastore battista americano John Grauel, che dopo la morte della moglie e del figlioletto si unì all’equipaggio della nave.
Grauel, che narrò la sua vicenda in un libro poco noto do Eleanor Elfenbein pubblicato nel 1982, quando s’imbarcò sull’Exodus aveva trent’anni. Da tempo si era avvicinato al movimento sionista, fino a ricoprire, dopo aver lasciato il suo ministero, la direzione dell’America Palestine Committee di Philadelphia incontrando anche Ben Gurion.
Appena venne a conoscenza degli sforzi dell’Haganah per salvare gli ebrei sopravvissuti allo sterminio, il reverendo non esitò a mettersi a disposizione. Salì dunque a bordo dell’Exodus come agente segreto dell’Haganah.
In quanto corrispondente del giornale episcopale The Churchman, questa la sua copertura ufficiale, doveva raccontare la storia dell’Exodus al mondo. Ma non si limitò a questo, prodigandosi invece con tutte le forze perché la missione avesse successo: organizzando i trasferimenti dei rifugiati alla nave, tenendo i contatti tra l’equipaggio e i passeggeri, occupandosi di burocrazia, degli alloggi e persino della cucina.
Al fine di un drammatico viaggio iniziato nel Sud della Francia, a una quarantina di chilometri da quelle palestinesi la nave Exodus venne costretta dagli inglesi a tornare in Europa, dove i passeggeri saranno smistati in Francia e quindi in Germania. Grauel sarà arrestato dagli inglesi ma riuscirà a scappare con l’aiuto dell’Haganah.
Il suo lavoro non si esaurì però allora. Più tardi testimoniò davanti al Comitato per la Palestina delle Nazioni Unite e il suo racconto ebbe l’effetto di stimolare una forte simpatia nei confronti dei rifugiati che cercavano scampo in Israele. A riconoscerne il contributo fu la stessa Golda Meir, che notò come le sue parole e il suo sostegno erano stati fondamentali nel modificare l’atteggiamento delle Nazioni Unite, orientandole a sostegno della nascita di Israele.
Tra i Cinquanta e i Sessanta, Grauel, impegnato in patria nella battaglia per i diritti civili, si occupò delle tremende condizioni degli ebrei in Marocco e Algeria mentre a metà dei Settanta guidò uno dei primi gruppi di ragazzi ebrei che si recavano a visitare i campi di sterminio in Europa. Il suo ruolo è stato riconosciuto ufficialmente dallo Stato d’Israele che lo ha insignito di numerose onorificenze.
“Siamo sempre stati attratti da storie capaci di ispirarci, che vedono come protagoniste persone altruiste che dedicano se stesse a qualcosa di più grande”, commenta Stuart Avi Savitsky, confondatore di Crystal City Entertainment. E il coraggio testardo del giovane pastore battista merita senz’altro un film. Però ci mancherà molto il capitano Ari Ben Canaan, interpretato nel primo Exodus da uno sfavillante e bellissimo Paul Newman.
Daniela Gross
(6 novembre 2014)