Vai e vivrai
Lekh Lekhà. “Va’ via dal tuo paese […] Farò di te una grande nazione”. Come Va’ e vivrai, va’ e ti realizzerai, va’ e avrai un domani migliore. Simile alla voce che spinge il migrante, anche contemporaneo, a lasciare il proprio paese, la propria pur instabile sicurezza nella speranza di trovare altrove qualcosa di più desiderabile, o una vita che non sia solamente mera sopravvivenza. Ai tempi postdiluviani di Abram il mondo era sconfinato e in gran parte disabitato, oggi invece è molto più angusto, le distanze ridotte, e l’oikoumene comprende oltre sette miliardi di persone. Ma le ragioni per partire, sono le medesime, se non più imminenti e gravi, come la fame e le carestie, le guerre, le persecuzioni etniche e religiose o semplicemente la disoccupazione. Il fenomeno dell’immigrazione non è certo sorto dall’oggi al domani, chiunque a ritroso discende da migranti e stranieri. Ogni uomo dovrebbe dunque avere la possibilità di stabilirsi dove crede, di istruirsi e di posizionarsi a un buon livello nella scala sociale, ma è anche vero, che non è sempre possibile un’illimitata accoglienza da parte del Nord del mondo, senza creare di pari passo situazioni di emarginazione e diseguaglianze, o evitare l’emergere di movimenti xenofobi che sfruttano il malcontento delle masse e l’ignoranza. Il razzismo odierno è prevalentemente di tipo culturale, spaventa ciò che non si riesce a comprendere, ciò che è estraneo a noi, chi dunque non rispecchia o non si adatta ai nostri costumi, alla nostra lingua, alla nostra visione del mondo, si pensa spesso che lo straniero che viene a risiedere nei nostri paesi, voglia propagare o imporre la propria cultura o la propria religione. Questo è in gran parte erroneo, ma tutti gli uomini sono da sempre portatori di idee e di modelli, talvolta negativi o incompatibili con le società ospitanti, come lo è stato per ciò che l’Occidente ha importato nei secoli in altri luoghi. Sovente i nuovi paladini della nostra civiltà o i suoi componenti, non hanno più ben chiaro ormai cosa costituiscano e quali siano i valori fondanti della nostra cultura o l’importanza delle nostre leggi, per pretendere di farle accettare o preferibilmente rispettare ed amare da altri.
Forse dovremmo maggiormente interrogarci sull’immagine che l’Europa continua a regalare ignaramente o meno al resto del pianeta, una chimera di libertà e abbondanza per molti, ma anche contemporaneamente un’idea di debolezza, sonnolenza o di terra bruciata specie per i pochi infidi. Forse dovremmo giungere finalmente alla consapevolezza, che non esistono due o più mondi ma uno soltanto, che tutto ciò che accade all’interno di esso ci riguarda come se accadesse all’interno delle nostre quattro mura, che nessuno sarà mai realmente prospero e agiato, tranquillo nei propri alti quartieri come nella Metropolis di Fritz Lang, finché qualcun altro, sebbene separato da noi da chilometri di distanza, continua ad essere sopraffatto dalla povertà e dall’ingiustizia.
Francesco Moises Bassano
(7 novembre 2014)